Slingback? Le preferite di Lady D.
Beyoncé ha scelto di indossarne la versione femme fatale (e couture), rosso passione e con cinturino brillante, in occasione del suo Renaissance World Tour. Kaia Gerber scommette sul pitonato, ad interrompere il rigore sartoriale di giacca e pantaloni. Hailey Bieber, dal canto suo, affila tacco e punta, concedendo al little black dress la giusta dose di sex appeal.
Svelato il mistero, parliamo di Décolleté; anzi, di décolleté con il cinturino, seduzione ultra sessantacinquenne che, alta o bassa, rivisitata e corretta, continua a rimanere, suo malgrado, oggetto di culto. Del resto, Coco Chanel, che le introdusse per prima, le aveva ribattezzate “l’ultima frontiera dell’eleganza“. Le slingback, difatti – definizione più appropriata – sono notoriamente comode, senza venir meno a quel tocco di glamour che le rende uniche. Così, il passo risulta aggraziato; gamba e piede slanciati; mentre i colori pastello ne esaltano la fascinazione rétro.
Per lo meno, nell’arrangiamento che ne fece, a suo tempo, Lady Diana, consacrando una semplice calzatura a vero e proprio mito degli anni Novanta. È tuttora negli annali delle mise impeccabili, in effetti, il tubino turchese, opera dello stilista Jacques Azagury, indossato dalla principessa nel giugno del 1997, a presenziare alla prima de Il lago dei cigni alla Royal Albert Hall.
Ebbene, a complemento, proprio loro, scarpe in raso celeste firmate Jimmy Choo, abile calzolaio malese, al tempo poco noto che, allora, aveva stretto un sodalizio, professionale e amichevole, con la Principessa. Assiduo frequentatore di Kensington Palace, aveva – perciò – realizzato la sua opera più prestigiosa, appositamente per la nuora della Regina. Un provetto calzolaio, baciato dalla fortuna, tanto da riuscire, nel 1996, a fondare la Jimmy Choo Limited, in partnership con la nipote Sandra Choi (attuale direttrice creativa) e l’ex editor di British Vogue, Tamara Mellon.
Da qui, l’esordio di una serie di mises a tema slingback, rigorosamente custom-made. In occasione della cena di Gala al Field Museum di Chicago, Diana arriva fasciata in long dress viola firmato Versace e decide di indossare, alle estremità, un modello en pendant, confezionato apposta, con tacco a stiletto e cinturino ad incrocio sul collo del piede.
L’anno successivo, durante il party di Christie’s, a New York, fa la sua entrée, indossando un mini abito bianco con rose ricamate da perline e paillettes della fidata Catherine Walker, cui fanno da corollario loro, iconica creazione dello shoes designer malese, questa volta realizzate in raso color champagne.
Fatto, viene spiegato dai diretti interessati, “molto comune negli anni Novanta“.
“Se lavoravi con un designer di alta moda, le scarpe erano sempre in abbinamento perfetto“. E, d’altronde, la giovane sposa del principe Carlo si distingueva, per saper calibrare ogni outfit al millimetro. Se si presentava con un look audace, si racconta, “le calzature erano più raffinate. Al contrario, se il vestito era semplice, si focalizzava maggiormente su scarpe e accessori“. Nulla di più ovvio. Nulla di più complicato, a dire il vero.
Veniamo, così, a conoscenza anche del percorso stilistico della donna: “Quando ha iniziato ad indossare Jimmy Choo, preferiva un’altezza del tacco inferiore a 1 centimetro ma, con il passare del tempo, ha iniziato a prediligere tacchi più alti“. Emblema di chi, appesa la tiara al chiodo e finalmente libera dai vincoli reali, recupera fiducia in se stessa. Fiera delle missioni filantropiche così come dei suoi look declinati con coraggio, a sovvertire regole di palazzo, strette e stantie.
A lei, dobbiamo lo sdoganamento del cycling short, o quello del western boot, a braccetto con il jogger, così come la nascita della (fashion) vendetta e, dulcis in fundo, l’esordio su piazza delle slingback, conclamato feticcio di celebrità e it-girl, tendenza forte di tutte le primavere, tenuta a battesimo con audacia e grazia.
LEGGI ANCHE: Sandali granchio, ultimo feticcio modaiolo…
LEGGI ANCHE: Altro che le solite ballerine…
2 commenti