Peperoni: mille doti in un solo alimento
Concentrato di vitamina C e sali minerali, che siano di colore verde, giallo o rosso, rappresentano – in ogni caso – un ingrediente sorprendente, in cucina. Simbolo per antonomasia dell’estate nel piatto, vantano origine antichissime. Già nel 5000 a.C. venivano coltivati in Sud America, con il nome di Pimiento, ortaggio profumato, dal sapore deciso ed estremamente versatile.
Alla griglia, ripieni, intesi nel ruolo di contorno per piatti a base di carne, pesce o formaggio, sono perfetti anche sulla pizza o in veste di condimento per pasta o riso, senza considerare i benefici che regalano alla salute.
Coltivati, peraltro, in tutta la Penisola, da nord a sud, la produzione piemontese è particolarmente generosa. A tal proposito, difatti, il più noto rimane, forse, il Peperone di Carmagnola, in provincia di Torino. Si contano in cinque le varietà, prodotto del Centro Italia, che virano dal rosso al giallo: quadrato a quattro punte, allungato, Tumaticot. Ci sono, poi, il Trottola a forma di cuore e il Corno di bue (quest’ultimo, lungo e di dimensioni triangolari), che si distinguono per polpa soda e sapore, dolcissimo.
Dunque, partiamo proprio dal quadrato di Asti, dalla buccia brillante e il gusto intenso. Cotto alla griglia, ripieno, accompagnato da salse e sughi è, probabilmente, il più bello di tutti. La Pappacella napoletana, dal canto suo, dalla forma schiacciata e la tinta brillante (rosso o giallo ocra), la polpa soda e carnosa, è l’ideale mangiata a crudo: in insalata, pinzimonio, sottaceto o in agrodolce, da consumare sulle bruschette.
La provincia di Frosinone è, invece, patria del Pontecorvo Dop, a forma di corno, dotato di buccia sottilissima e colore rosso acceso. Dolce e saporito, pare nato apposta per accompagnare il pollo, nella ricetta laziale. In quel di Polizzi Generosa, in Sicilia, troviamo – infine – il Pipiddu, piccolo e verde e che cresce all’insù. Presidio Slow Food, ottimo in purezza a mo’ di contorno, crudo o arrostito, condito solo con un filo di olio evo e sale.
Il crusco? Croccante, originario di Senise, in Basilicata, spicca tra le eccellenze gastronomiche lucane. Un Igp, che si è fatto conoscere anche fuori dal territorio locale. Una volta secco, può essere fritto, sbriciolato e aggiunto a primi o secondi piatti. Meno famoso, il dolce di Altino, coltivato a Chieti, piccolo, rosso, lungo e sottile, appositamente legato con lo spago a testa in giù e lasciato ad essiccare, a mazzetti.
Il Friggitello, di tradizione anch’esso campana, è – per finire – un’ottimo contorno estivo.
Ciò premesso, ogni variazione cromatica corrisponde ad un differente sapore, gusto, utilizzo e prezzo. Più diffusi e acquistati i verdi, sono anche i più economici e meno dolci. Gialli e arancioni risultano ben bilanciati in acidità. I rossi, i più dolci in assoluto, sono apportatori dei benefici più ampi, dal punto di vista nutrizionale. Del resto, grazie alla maturazione, che richiede tempi prolungati, contengono la quantità maggiore di nutrienti: 11 volte più beta-carotene rispetto ai verdi, due volte la vitamina C e dieci volte la vitamina A. Beta carotene e lutenoidi, presenti – d’altro canto – in tutte le qualità. Rafforzano anche il sistema immunitario, merito della vitamina C; contengono un numero ridotto di calorie e grassi e sono antiossidanti. In più, combattono i radicali liberi.
Non solo: antinfiammatori naturali, combattono l’invecchiamento cutaneo, sono ricchi di sali minerali: potassio, fosforo, magnesio, manganese e agevolano la circolazione sanguigna. Cos’altro aggiungere a proposito di questi ortaggi?
La buccia, liscia e soda, priva di grinze o macchie, la tonalità brillante e la polpa densa, intuibile al tatto ne determinano, poi, la freschezza. Meglio, per conservarli, tenerli in frigo, in busta aperta o, in alternativa, liberi nel cassetto in basso, per una settimana.
Dopo averli lavati, armati di coltello affilato e tagliere alla mano, è la volta della preparazione una volta – chiaramente – eliminati i semi, la parte bianca che aderisce ai lobi interni e il picciolo, da utilizzare – volendo – come coperchio. Tagliati a julienne si prestano per insalate, timballi, quiche, fajitas o bruschette. Per condire pasta, riso o quant’altro, rendono meglio in dadolata.
Pelati a freddo grazie al pelapatate o arrostiti in forno a 180°C per 40 minuti se ne può ricavare un pesto o, magari, una Caponata. Insomma, dall’antipasto al dolce, che si tratti di risotti, involtini, cous cous – in una lettura più esotica – o abbinati ai formaggi, si pongono come lasciapassare per innumerevoli ricette.
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