Erotismo? La prima volta è andata così…

Erotismo? La prima volta è andata così…

1896. Basterebbe la data, per dissuadere anche i più accesi benpensanti dal supporre che, quelle di cui stiamo per raccontarvi, siano, effettivamente, scene ‘da censura’. Non, almeno, per i nostri tempi. Allora – si sa – era diverso. L’idea stessa di scoprire una caviglia, mettere in risalto un polpaccio sembrava qualcosa di impensabile. ll primo film, Le Coucher de la Mariée, dunque, è bel lontano dal soddisfare l’attuale senso del proibito. 

Suscita, parimenti, tenerezza, per l’ingenuità di cui si ricopre e pure poiché, specchio dei tempi, ci riporta indietro con la fantasia, sipario di una società ancora acerba e dalla forte propensione al cambiamento…

Primo ‘erotico’ nella storia, muto e in bianco e nero, di cui sopravvive, peraltro, unicamente uno spezzone, tratto da un’opera teatrale dell’anno precedente, a sfondo parodistico. D’altronde, si veniva dall’avanspettacolo, dal Vaudeville; tali erano, dunque, le regole. Si ammiccava, insomma, si prometteva, si lasciava intendere. Niente di più.

Immature, parimenti, le allusioni che facevano capo al titolo: Il coricarsi della sposa, che poco o nulla lasciava all’immaginazione, laddove l’innocenza governava, di gran lunga, sulla carica erotica. 7 minuti, in tutto, ad opera del regista Albert Kirchner, sotto pseudonimo (Léar). Nei fotogrammi sopravvissuti quattro personaggi, i due sposi novelli e i loro genitori entrano in una stanza da letto, dove questi ultimi li lasciano, in virtù della prima notte di nozze.

E si dà il là a tutta una serie di moine, ritrosie, sguardi sfuggevoli, toccatine… preludio a quella che dovrebbe essere, almeno su carta, una notte di fuoco. Preambolo, in sintesi, dell’unione carnale legittima, desiderata da entrambi.

Lentamente, secondo il fare, pure, del Burlesque, la neo sposa si sveste, alla stregua di una rosa che, via via, perde i suoi petali, dell’enorme numero di pizzi, sottovesti, biancheria e accessori, tipici dell’epoca, mentre il marito manifesta visibili segni di insofferenza. Suda, eccitato, sbircia ripetutamente da dietro un paravento…

Scena da Après le bal

Certo, la recitazione – ammettiamolo – è leggermente sottotono; gli attori guardano ripetutamente in camera e la goffa pantomima spicca più dell’accezione edonistica ma, se ci soffermiamo a pensare che il Cinema esisteva solo da un anno, forse è più semplice comprendere come non si avesse idea, ancora, neppure per gli addetti ai lavori, sul ‘come fare’.

Il frammento si chiude con la sposina in sottoveste – una lunga sottoveste, specifichiamo – che si appresta a coricarsi, concedendo al marito un baciamano. Lui, d’altro canto, impomatato e con indosso, ancora, giacca e cravatta, spegne la luce. Louise Willy, interprete della storia, ne siamo certi, difficilmente sarebbe andata oltre la sottoveste.

Dunque, per assistere ad una sequenza di nudo parziale si dovrà attendere l’anno successivo. Après le Bal di Georges Méliès, datato 1897, avrà il potere, nel giro di un solo minuto, di ridestare gli animi dei tanti Signori e Signorotti di allora, ringalluzzendo i loro ardimenti. Niente di più che una donna, alle prese con la Toletta quotidiana, protagonisti un catino e la sempre presente cameriera, che le versa acqua sulla testa (sabbia, secondo l’effetto cinematografico), mentre la telecamera ne abbraccia, bramante, il fondoschiena.

Mito nel mito vuole che, ai tempi, non si praticasse sesso. Immaginate, pertanto, il livello di spudoratezza e l’ardire.

Ovviamente, il sesso c’era eccome, altrimenti non saremmo qui. Semplicemente, non se ne parlava. Soprattutto, non lo si mostrava, sapientemente relegato nel chiuso delle quattro mura e nel circolo degli affetti immediati. Per assistere ad un po’ di pelle in più ci si rivolgeva, semmai, ai peep show, visori meccanici con qualche foto di luoghi remoti (e qualche donnina discinta), dotato di un timer, che rendeva possibile sbirciare, fin tanto che il numero delle monete lo avesse consentito.

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