125 candeline per Hitchcock
La campanella suona la cifra di 125 e non sono certo pochi. Siamo ad uno schiocco dai 100, per quanto riguarda la regia del primo film. Di chi stiamo parlando? E di chi, se non del maestro del brivido per eccellenza. Colui che ha fatto tremare sulle sedie dei Cinema e di casa folle di spettatori, morti piacevolmente di paura, di fronte alle immagini artatamente create dal cineasta.
Un genio, riconosciuto a più voci e, a pensarci, bene, qualche brivido, con il caldo infernale di questi giorni, ci farebbe un gran bene.
Magari rivedendo Psyco. Pellicola scientemente in bianco e nero. Scelta, pensata per non impressionare eccessivamente il pubblico e per risparmiare sui costi, utilizzando, per la stessa ragione, le medesime maestranze della serie televisiva Alfred Hitchcock presenta.
Ciò nonostante, un perfezionista: per girare i due minuti della celebre scena della doccia, occorsero sette giorni di riprese. Quando uno spettatore ebbe a lamentarsi per il fatto che la figlia, terrorizzata, non voleva più farsi il bagno, né entrare in una vasca, il ‘buon’ Hitch propose: “Allora le consiglio di lavarla a secco!“. Altro elemento fondante, la casa in stile gotico, protagonista al pari di Anthony Perkins – alias Norman Bates – che il precettore della suspence fece costruire, lasciandosi ispirare da un dipinto di Edward Hopper. Maggiore attrazione, tutt’oggi, dei tour turistici presso gli Universal Studios di Los Angeles.
Un ‘insegnate’ del terrore, approdato negli Stati Uniti dall’Europa nel 1939, dopo aver girato ben 23 film e intenzionato a conquistarsi un posto di riguardo anche negli States. Punto di partenza: Rebecca, la prima moglie (1940).
Un viaggio oltre Oceano, vissuto in compagnia di un’alleata devota e attenta, Alma Reville. Assai più che una moglie. Conosciuta, nel 1923, sul set del film L’ultima danza, lui aiuto regista; lei, nei panni di montatrice. Fu, per il marito, oltre che una fedele e inossidabile spalla, una sceneggiatrice e un punto di riferimento costante nel tempo.
Uno, peraltro, abituato alle sue piccole ma incisive incursioni in ogni girato, sorta di sfida al riconoscimento che raggiunse probabilmente il suo apice con Prigionieri dell’Oceano, datato 1944 – dove apparve nella versione prima/dopo sulla pagina di un giornale che pubblicizza una crema dimagrante. Sfiorava, allora, i 130 kg di peso. Ma gli esempi in cui lo si può ritrovare, a sorpresa, sono tanti, a cominciare da Paura in palcoscenico a Gli uccelli…
E, proprio parlando di animali, Hitckock li amava, al punto tale da introdurli nelle sue opere, come il cagnolino che utilizzò nel suo primo film, Il labirinto delle passioni (1925); o da renderli addirittura arbitri del film, come, appunto, i famosi corvi con cui volle farsi fotografare per la promozione del lavoro appena terminato e che vedeva Tippi Hedren vittima dell’assalto più feroce della storia del Cinema.
Del resto, “Tutti gli attori sono bestiame“, asseriva provocatoriamente; affezionato, nella realtà, ai suoi interpreti di sempre: Cary Grant, Joan Fontaine, James Stewart, Grace Kelly.
Un’innamorato, più che dell’effetto sorpresa, del sapore che provoca l’attesa: “A me non interessa tanto scoprire chi è il colpevole e, spesso, lo mostro fin dalle prime immagini. A me interessa la suspence“… “Noi stiamo parlando e c’è una bomba sotto questo tavolo. Non accade niente di speciale e, tutto a tratto, boom, l’esplosione. Il pubblico è sorpreso… Ora veniamo alla suspence. La bomba è sotto al tavolo e il pubblico lo sa. Sa che esploderà all’una e sa che è l’una meno un quarto. Nel primo caso, abbiamo offerto al pubblico 15 minuti di sorpresa al momento dell’esplosione. Nel secondo, gli offriamo 15 minuti di suspence“.
Tanti trucchi, quelli ad uso del talentuoso regista, che si evincono anche attraverso al tecnica del McGuffin: “non è nulla“. Si tratta – tradotto – di un puro pretesto per scatenare l’azione dei personaggi, come i soldi rubati proprio in Psyco o l’invenzione del fantomatico Signor Kaplan, che Cary Grant cerca ‘invano’ in Intrigo Internazionale.
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