Brace, brace delle mie brame…
Tempo di pic nic e di grigliate e, per conseguenza, oltre alla tipologia di carne, pesce e verdure va tenuta in conto anche la scelta della legna da ardere, da cui ottenere le relative braci. Un combustibile, che diventa ingrediente e può realmente modificare il sapore del cibo. Così, l’olivo, ad esempio, contribuisce ad accentuare il sapore della carne arrostita; il faggio incentiva sentori più erbacei e così via.
Ma se per gli aficionados della grigliata agostana si tratta di un mondo ancora, in gran parte, inesplorato, diverso è per i ristogrigliatori esperti della materia e che sanno benissimo che uso farne. “Utilizzare ben sette diverse tipologie di legna per ottenerne le relative braci: castagno, olivo, ginepro. Ma anche gherigli di noci o mandorla, questi ultimi adatti, in particolare, alla preparazione dello sgombro alla brace. Il migliore è il faggio: ma che sia ben essiccato“. Confessione di e da esperto, che fa rimando anche all’aspetto della sostenibilità (il 31,9% dei consumatori pagherebbe la legna fino al 10%, se certificata da fonti sostenibili) e della territorialità. “Essendo il mercato della legna da ardere molto locale, nei rivenditori si trova soprattutto quella delle zone circostanti. Ad esempio, raramente si potranno trovare leccio o alloro nelle zone alpine“. Poi esistono le tradizioni: lo spiedo bresciano cotto su braci d’ulivo o di vite, oppure di altri legni aromatici e di lunga durata come ginepro, frassino, faggio, nocciolo e roverella.
Sono, al contrario, poco adatti alla griglia i legni teneri: abete, larice… poiché producono uno sgradevole sapore di affumicato. Il pioppo si presta, per lo più, ad accendere il fuoco; né mancano varietà altamente sconsigliate. Vd. l’oleandro, ad esempio, che rilascia sostanze velenose.
Fuori dalla griglia, il legno entra come elemento in diversi disciplinari di produzione: il Pane di Lariano MCG viene cotto in forni alimentati con ciocchi di castagno. L’Aceto Balsamico di Modena Igp, a sua volta, affina in botti pregiate di quercia, castagno o gelso, per almeno 60 giorni. Ancora, lo Speck Alto Adige Igp, per il quale l’affumicatura avviene in appositi locali, con l’utilizzo di legna non resinosa e a una temperatura non superiore a 20°.
Dal sapore ‘esotico’, poi, l’esperienza giapponese, che include nella cucina l’utilizzo di uno speciale carbone bianco, adoperato da almeno trecento anni e prodotto con la quercia ubame, nella prefettura di Wakayama. Ebbene, quest’ultimo possiede un punto di evaporazione altissimo, circa 1000 gradi e non lascia fumo, né residui. Tanto che viene scelto anche per la cottura di anguille e calamari, imprimendo una leggera ma caratteristica nota tostata e fumée.
Dunque, analizziamoli nel dettaglio, i vari legni:
QUERCIA: adatto a quasi tutti i tipi di carne (soprattutto carni rosse e selvaggina) si caratterizza per la nota affumicata, piuttosto incisiva. Ottimo per salsiccia o salmone; nel pollame, riesce a titar fuori una cadenza amara. Si presta, in più, ai neofiti, poiché evita clamorosi errori.
CILIEGIO: fumo dolce, fresco, aroma fruttato. Conferisce alle carni più chiare un ricco aspetto rosato e un’affumicatura dolce. E’ adeguato anche ai frutti di mare e può essere facilmente miscelato con quercia o noce, dei quali smorza l’intensità.
FAGGIO: per una nota erbacea. Unito al legno di corbezzolo, assicura alla carne un sapore più intenso, particolarmente adatto ad esaltare il sapore dell’agnello.
NOCE: gran legno da selvaggina, ottimo anche per la carne di maiale. Estremamente versatile, se combinato con altre tipologie, in particolare il ciliegio.
PESCO: fumo leggero, adatto a pollame e, in combinazione con legni più forti (come il noce), ottimo anche per la carne di maiale. Si distingue per le note delicate e fruttate.
CEDRO, LIMONE E AGRUMI: altri legni inconsueti, ideali per preparazioni lunghe e a temperature misurate. Da usare con padronanza, senza improvvisare.
MELO: particolarmente idoneo per cotture più lente e tagli di carne (vitello o maiale) più grandi. Se utilizzato con pesce e pollame dona un’affumicatura di tono dolce ma, in questo caso, occorre fare attenzione ai tempi, che non debbono prolungarsi eccessivamente e a non superare una temperatura di 95/100°.
ACERO: da prediligere, quando si è alle prese con carne di pollo, tacchino o d’uccelli da cacciagione, come pernice, anatra, oca e quaglia.
OLIVO: Il legno d’olivo imprime una nota riconducibile alla carne arrostita; l’uso è estremamente versatile nelle grigliate di tradizione italiana (agnello, manzo, maiale e pollame).
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