Peli: ultima frontiera di bellezza

Peli: ultima frontiera di bellezza

Anni ed anni di cera a caldo, in fila dall’estetista e poi sdraiate sui lettini, pronte a sottoporsi ad ineluttabili attimi di tortura, oppure ruvide e ancor più acrobatiche passate di rasoio, nel tentativo di fare piazza pulita, magari stando sotto la doccia, del ‘superfluo’ o di quel che, fino ad ora, è stato ritenuto tale. Ancora, costose sedute mensili di luce pulsata. Tutto è stato fatto o inventato, per rimuovere… i peli.

Ebbene, la notizia, al riguardo, è una, in questo 2024 che sta sul finire. Timidamente, gli annessi cutanei rifanno la loro comparsa. Della serie: ‘Ancora tu… ma non dovevamo vederci più?‘ e invece…

Uno tra gli ultimi incontri, a ben ricordare, è datato 1999. Protagonista Julia Roberts, Star tra le star, in occasione della première di Notting Hill. Ascelle non depilate in bella vista. In realtà, ha precisato poi l’attrice, non si trattava di uno statement. Semplicemente, i peli erano lì, perché è lì che madre Natura li ha voluti.

Nel 2017 era, invece, Ashley Graham a destare scandalo, rivelando di come preferisse lasciare intatte le zone intime. Più in là, nel 2019, Emily Ratajkowski posava in un servizio fotografico per Harper’s Bazaar USmostrando con orgoglio la propria peluria. “Date alle donne l’opportunità di essere tutto ciò che vogliono essere, in tutti i modi in cui vogliono essere», suggeriva la modella dalle pagine della celebre rivista, rivendicando il diritto femminile di disegnarsi come meglio si crede. “Indipendentemente dalle influenze che hanno plasmato il modo in cui esse si presentano“, concludeva.

Le origini dell’abitudine di noi donne a rimuovere dal proprio corpo il di più – usanza, che intreccia cultura, etnia, medicina, consumismo e femminismo – è stata, del resto, ampiamente raccontata da Rebecca Herzog in Plucked: A History of Hair Removal, saggio che indaga le pratiche e i significati a esse associati negli Stati Uniti, dal XVIII secolo ad oggi.

La Gillette, azienda che ha consentito la diffusione del rasoio usa e getta, nata agli esordi del ‘900, prosperò negli anni della Prima guerra Mondiale, poiché l’esercito statunitense distribuì i suoi kit da barba ai soldati sul campo. Fu, tuttavia, nel 1915 che venne introdotto sul mercato il primo rasoio per donne. “Una caratteristica del buon abbigliamento e della buona cura del sé è mantenere le ascelle bianche e lisce“, recitava una tra le prime pubblicità, pensate in risposta all’ascesa nella moda degli smanicati.

Poi, nel 1946, l’introduzione del bikini spostò l’attenzione sulle gambe. Partendo dai polpacci, si giunse via via alle cosce, merito/causa lo sdoganamento della minigonna. Ci troviamo nel pieno degli anni ’60. “Più vestiti era permesso togliere alle donne (o ci si aspettava che queste togliessero), più peli era richiesto che rimuovessero“, rammentano le testimonianze di allora.

Man mano, prendevano piede comportamenti che, facendo leva sulle insicurezze del sesso debole, sarebbero divenute radicalizzate, fino ad assumere le sembianze di veri e propri standard di bellezza: irraggiungibili, escludenti (per certi versi) e stigmatizzanti.

Per quel che riguarda i peli pubici, il discorso è più recente. Dobbiamo spostarci, nel caso in questione, agli anni ’70 e affondare nel prolificare dell’industria legata al porno. Hustler, Playboy , Penthouse, mostravano vagine perfettamente tosate, generando evidenti effetti sulla percezione del corpo delle donne e, in particolare, su come dovessero apparire i loro genitali. “Abbiamo una lunga storia che associa i capelli e i peli del corpo al potere, e la mancanza di peli, invece, alla debolezza“. Come a dire che l’erotizzazione delle donne senza peli stava ad indicare, nel contempo, la posizione di impotenza o sottomissione ad esse legata. Fanciulle, prima ancora che femmine e, per questo, esseri fragili, da dominare senza un eccesso di sforzo. Idea sublimata, che andava a scontrarsi a viso aperto con chi, sovvertendo le aspettative, decideva di tenere tutto al proprio posto.

Ecco, ciò premesso, pare si stia assistendo, negli ultimi anni, ad un’inversione di rotta. Anche perché, suggeriscono gli esperti, “statisticamente, sappiamo che la percentuale di giovani che si identificano come queer [o] non conformi al genere è molto più alta, rispetto alle generazioni precedenti“.

E se, a confermare la controtendenza non sono bastate Madonna, Miley Cyrus, o Deva Cassel, a consacrare il ritorno dei peli ha provveduto, più di recente, John Galliano per Maison Margiela, con la collezione Haute Couture primavera estate 2024. Sulle passerelle più iconiche di Parigi hanno sfilato modelle, con tanto di parrucche inguinali a cespuglio, interamente visibili attraverso abiti sontuosi, trasparenti e vaporosi.

Beauty e fashion, capaci di risvegliare gli intenti della Generazione z, ben più adulta e consapevole di quanto possa sembrare. Dunque, addio a consuetudini, in fin dei conti, tossiche, come – ad esempio – la Brazilian bikini wax, ovvero la cera brasiliana resa popolare, ai tempi, dall’influenza esercitata da Sex & The City.

Accettazione di ricrescita, però, che non è detto sia necessariamente sinonimo di rivoluzione. Trattasi, al momento, di tendenza e nulla più. “La moda è definita da ciò che solo una minoranza può fare. Quindi, in una cultura in cui, per molto tempo, le donne sono state incoraggiate a togliere i peli, averli esagerati ha perfettamente senso“. E non c’è molto da scherzare, sull’argomento. Fior di persone che hanno investito nella rimozione laser, starebbero ora ripristinando quanto sottratto al proprio corpo tramite trapianti, processo che richiede, a sua volta, dispendio di tempo e denaro. E gli uomini? Dal canto loro, sembrerebbero cominciare ad apprezzare – finalmente – i peli di noi signore e signorine…

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