Ponte dei Sospiri… una leggenda oltre le sbarre del tempo
Quando si racconta della Laguna non ci si può esimere dal condurre l’attenzione al Ponte dei Sospiri. Tra le Capitali più romantiche dello Stivale, Venezia è rinomata per i suoi scorci affascinanti e per le location, numerose, che, dal nulla si affacciano, strappando allo sguardo moti di stupore e trasportando i visitatori in un sentimento fuori dal tempo, in cui non esiste passato, perché sa imporsi con la forza di un presente che, a sua volta, non vuole fretta, chiede ancora di sognare…
La Venezia storica dei Dogi
Eccolo, dunque. Apparecchia la strada – per così dire – prima di incontrare la magnificente piazza San Marco. Scavalca il rio collegando, a doppia mandata, il Palazzo Ducale alle Prigioni Nuove.
Lo si riconosce, per quelle sue pietre d’Istria e per i fregi, barocchi, frutto dell’idea dell’architetto Antonio Contin che, sul principio del XII sec., su desiderio – o forse sarebbe più indicato dire su ordine – del doge, Marino Grimani, volle dare prova della propria abilità.
E così lo stemma, affisso sul frontespizio, testimonia la volontà di dominio di un potere che sapeva accreditarsi, giorno dopo giorno, facendo leva sui favori, ottenuti a suon di ingenti ricchezze e cospicue lusinghe. Un do ut des per nulla scontato. Niente affatto indifferente alle dinamiche politiche e sociali dell’epoca.
Un viaggio senza ritorno…
Se per molti, ancor oggi, la Serenissima si veste a culla dell’amore e il luogo in questione è l’emblema di un turbamento che cattura il cuore, va specificato, tuttavia, che ‘i sospiri‘ di cui tanto si favoleggia, non son certo palpiti di passione.
L’origine del nome è collegato, piuttosto, alla funzione svolta dalla struttura. Serviva, infatti, come passaggio per i reclusi. Una sorta di trade union, tra le carceri e gli uffici degli Inquisitori di Stato.
Tradizione vuole che quanti lo attraversavano sospirassero, consci della prospettiva di posare i propri occhi, per l’ultima volta, sul mondo ‘fuori’.
Sono solo due i punti dai quali, curiosi ed emozionati, ne si può scrutare la straripate avvenenza: ponte della Canonica e della Paglia costituiscono gli appostamenti ideali da cui rubare un’istantanea o perdersi nei pensieri…
Quel suo fremito di dolcezza e crudeltà fu perfettamente sintetizzato, all’nizio del 1800, dall’emerito Lord Byron. L’illustre poeta, ospite rifugiato per scampare ai debiti e agli scandali che lo avevano allontanato dalla madrepatria, così lo descrisse: “…un palazzo da un lato, dall’altro una prigione; vidi il suo profilo emergere dall’acqua, come al tocco della bacchetta di un mago“.
Si compone così l’incantesimo, il sortilegio, la màlia di un posto in cui l’affaccio al domani è di sottecchi, perché di più non può permettersi, ed è pregno di malinconia. La libertà perduta frammenta l’animo di coloro che si apprestano a fare i conti con il proprio destino. Incerti, ancora in parte increduli, attraversano il percorso, si incamminano senza fretta.
Si affacciano, attraverso finestre cariche di promesse che non verranno mai mantenute. Estremo godimento – lo sapeva perfino Casanova – prima dell’oblio di dentro.
LEGGI LE ALTRE NEWS NELLA SEZIONE CONSIGLI E GUIDE
Commento all'articolo