Mascherina. Il vademecum per l’utilizzo
Eccolo il nuovo must have. Non si tratta né di un indumento, né di un gioiello dalla foggia inconsueta. Il valore, del resto, lo determina la necessità. Così, negli ultimi mesi, sul podio degli status symbol è salita lei: sua Maestà, la Mascherina.
E’ assurta, zitta zitta, a compagna del nostro quotidiano, strumento di salvaguardia contro un nemico inafferrabile che, già a partire dal nome, suona di imperioso. L’indispensabile barriera di protezione veste disparate facce e, a seconda della tipologia, risulta essere più o meno efficace. Ora che le regioni si stanno muovendo per regolamentarne l’obbligo, nelle circostanze in cui ci si sposti fuori da casa, i cittadini italiani si domandano in che modo procedere.
Ancora troppo poche, rispetto alla necessità
Se in Lombardia le disposizioni della Regione sono chiare – uso della mascherina per quanti varcano la soglia della propria abitazione, con l’alternativa, in sostituzione, dell’utilizzo di sciarpa o supporto di stoffa – presso numerose regioni dello Stivale la questione rimane ancora da dirimere.
Non ci sono mascherine per tutti e, comunque, non abbastanza per cambiarle con la frequenza necessaria.
Oltre al danno, poi, si aggiunge la beffa. Una tra tutte, la notizia del ‘bidone‘ rifilato, questa volta alla Regione Lazio, che ha appaltato la fornitura ad un negozio di lampadine al led, costato circa undici milioni di euro. Centesimo più, centesimo meno.
Mascherine fai da-te: da evitare
D’altro canto, sono risultate assolutamente illusorie le mascherine “fai da-te”. Giuseppe Sala, direttore del dipartimento di Scienze e tecnologie aerospaziali del Politecnico, ha ribadito: “Mi auguro che la gente usi il buonsenso. Non deve passare l’idea che, per proteggersi, va bene tutto. Abbiamo già dimostrato che non è così”.
Il rischio è quello di utilizzare un supporto sbagliato, in presenza di positività: “Se sono un asintomatico e ho davanti alla bocca la federa di un cuscino non serve a nulla. Questo maledetto virus passa”, commenta l’esperto, su Repubblica.
“Come ho già spiegato più volte, i meccanismi di filtraggio delle mascherine vere sono complessi. Chiamano in causa meccanismi elettrostatici, che i tessuti comuni non hanno”.
La sciarpa mi protegge dal contagio?
Superflui, dunque, colli alti e sciarpe: “Proteggono da qualcosa di macroscopico. Se io starnutisco e ho davanti un fazzoletto, non è come non avere nulla”.
E aggiunge: “È come dire “tossisci” nell’incavo del gomito. Parliamo di buone pratiche che, comunque, non possono prescindere dalle regole sulle distanze. Guai, però, se le persone credono che possano sostituire una mascherina“.
Mascherine: quali sono e come funzionano
L’efficacia del prodotto e la funzionalità, in sostanza, variano da modello a modello. Le mascherine chirurgiche, ad esempio, proteggono gli altri dal contagio, ma non chi le indossa. Le FFP2-FFP3, all’opposto, se dotate di valvola, difendono chi ne è munito. E’ proprio attraverso quest’ultima, infatti, che si determina la fuoriuscita di germi e virus. A doppia mandata, invece, quelle sprovviste di valvola. Le migliori, con effetto sia attivo sia passivo.
Altro problema, poi, consiste nel riutilizzo, possibile non per tutti i prototipi – le ‘chirurgiche’, ad esempio, sono ‘usa e getta’ – e lecito solo in caso di sanitizzazione, ovvero ‘pulizia’ della mascherina, che può essere adoperata dalle tre alle cinque volte, al massimo.
Lo stabilimento Chimico Farmaceutico Militare, in questo senso, ha stilato un procedimento ‘ad hoc’. Necessario, per la sterilizzazione, l’utilizzo di una soluzione idroalcolica al 70%, da applicare nella zona esterna dell’oggetto in questione, una volta deterse le mani. Compiuta l’operazione, la sostanza va lasciata evaporare, in un tempo che si aggira intorno ai 30 minuti. Di qui, la possibilità di disporre ulteriormente dell’usbergo, in versione contemporanea.
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