Coronavirus-party, l’ultima frontiera del contagio, alla ricerca dell’ l’immunità
Le abbiamo viste tutte, dopo quest’ultima pandemia? A quanto pare, ancora no.
Non ci basta. Non basta il domicilio coatto, per mesi, come ci fossimo macchiati di chissà quale crimine. Non basta esserci privati dell’abbraccio di chi amiamo, di una passeggiata all’aria aperta, di una giornata al mare…
Non basta esserci tolti lo sfizio di poter recarci al cinema, a teatro, o dovunque ci vada di andare. Ci siamo estraniati perfino dalla possibilità di piangere con dignità i nostri defunti. Abbiamo visto crollare davanti ai nostri occhi increduli le certezze che davamo per scontate. Ma – come accennavamo – non basta.
Non basta ancora. Perché il nostro ego è assai più illimitato. Fagocita tutto Lui. Indistintamente. Così, a fronte delle migliaia di cadaveri che ci lasciamo alle spalle, preferiamo, per l’ennesima volta, fare spallucce e metterci alla ricerca della scappatoia meno impegnativa. Che, in fondo, poi, ci se ne frega.
Ecco, allora, che non c’è censura allo sconcerto. Arriva dagli Stati Uniti l’ultima trovata – a dir poco ‘bestiale’ – che prevede l’organizzazione di Coronavirus-party. Sì si, avete capito bene, feste pensate ad hoc, affinché i presenti possano venir contagiati.
Il mondo si chiude a riccio per evitare l’infezione e c’è chi gioca, imperterrito, all’eroe. Le autorità hanno – come prevedibile – già lanciato l’allarme. Negli happening in questione, assai partecipati, persone malate e sane si trovano, gomito a gomito, con lo scopo di infettarsi, per rendersi immuni e tornare, al più presto, alla rispettiva vita di sempre.
Esigenza di un ritorno alla ‘normalità’, piuttosto che la nuova moda del momento. Fatto sta, i casi connessi ai Covid-19 party aumentano di giorno in giorno, specie nello stato di Washington. Tra i più colpiti dall’inizio della pandemia, attualmente piange 834 vittime, su oltre 15.000 situazioni di contagio.
Una trovata… di lungo corso
L’idea, del resto, non è una new entry. Da anni, tra i genitori, trova suffragio, ciclicamente, la convinzione che condurre i propri pargoli ai “varicella party”, in cui incontrare bambini già infetti, sia la risposta più rapida ed efficace per gli anticorpi. Peccato che i due ‘mali’ non siano fatti proprio della stessa pasta.
Se non bastasse, a frenare gli ardori, il numero delle vittime, già di per sé assai esplicito, a fare da deterrente dovrebbe essere, almeno, la scarsa conoscenza del virus, dalla mutazione piuttosto recente. E invece no.
L’utopia di un ‘passaporto d’immunità’, una sorta di lasciapassare che certifichi come chi lo detiene sia Coronavirus-free, sembra far gola a molti. A tal proposito, la direttrice dell’assessorato alla Sanità della contea di Walla Walla, Meghan DeBolt, ha definito “inaccettabile ed irresponsabile esporsi deliberatamente ad un contagio“.
Secondo il CDC – Centers for Disease Control and Prevention – l’ente federale per la salute pubblica, il pericolo non è tanto per i frequentatori diretti – principalmente soggetti giovani e sani – quanto per l’indotto di conoscenti, colleghi, amici e parenti a loro attorno, più o meno anziani.
Chiunque partecipi mette a rischio non solo se stesso. Lo ripetiamo, come un mantra. Delusi, arrabbiati, stanchi di assistere impotenti alla scelleratezza di chi, con superficialità, non smette di manipolare, come fossero marionette, la vita degli altri.
E’ proprio vero: ‘La mamma dei cretini è sempre incinta‘.
Commento all'articolo