Fobie post-Coronavirus. Un’eredità pesante da sopportare

Fobie post-Coronavirus. Un’eredità pesante da sopportare

Riapre la vita. Riaprono le frontiere. Insomma, si ritorna, per quanto possibile, a ciò che comunemente conosciamo come ‘normalità’ .Ma è proprio così? Il Coronavirus ha lasciato dietro di sé una scia di vittime. E non stiamo parlando solo del numero, altissimo, di coloro che si è trascinato via, ma di quelli, anche, che restano, con con carico di ansie ed insicurezze; alcune preesistenti, alcune rinfocolate dallo ‘status quo‘.

Vediamo quali sono…

Agorafobia

…o paura degli spazi aperti. Dopo tante settimane di clausura, il ritorno nel mondo esterno potrebbe generare, in taluni, veri e propri traumi.

Claustrofobia

Ma c’è anche chi, nel frattempo, ha sviluppato un’insofferenza per i luoghi stretti e chiusi. Sentirsi limitati ha conseguenze importanti sulla psiche.

Demofobia

Altri non è se non il timore della folla. Dopo un lungo periodo di isolamento, ristabilire il contatto con l’altro non è detto sia così scontato. L’idea di rimanere contagiati è ancora nell’aria. E’ possibile, dunque, si ingenerino attacchi di panico.

Ipocondria

Siamo stati, per lungo tempo, progressivamente e scientificamente aggiornati; di più, bombardati dalle informazioni, inerenti la pandemia e il suo sviluppo. Tanto, a volte, da fagocitare i nostri pensieri e lasciarci intrappolati nella convinzione che, prima o poi, toccherà anche a noi.

Tanatofobia

Chi non ha paura di morire? Eppure siamo soliti scansare il pensiero. Rimuoverlo, per stare meglio, per dare senso a quel che facciamo ogni giorno. Un evento come quello pandemico ci costringe a fare i conti con la realtà. Ce la spiattella davanti, con conseguenze immaginabili.

Rupofobia

Si tratta del disgusto per lo sporco. Questa fobia, associata alle norme anti-contagio, diventa una sorta di bomba ad orologeria, pronta ad esplodere nel nostro cervello. Una sintomatologia infida, facilmente confondibile, ma che sfocia – se non gestita – in un malessere profondo.

Ecofobia

E così, se abbiamo dubbi nel mettere anche solo un piede fuori casa, c’è chi, invece, non vuole più stare solo, convinto di non essere in grado di gestire l’ambiente in cui vive. Affatto cosciente delle proprie potenzialità.

Eremofobia

Abbastanza simile alla precedente, è la paura della solitudine, in senso lato. Persino soli con le nostre riflessioni. Tutto, pur di non pensare, dunque. Pur di non fare i conti con se stessi. Per non vedere, che significherebbe poi dover affrontare.

Afefobia o aptofobia

Vogliamo parlare del contatto fisico? Nell’era della distanza di sicurezza, si può variare in un range che va dal fastidio alla repulsione incontrollabile. Pensare che noi italiani siamo tra i popoli più ‘fisici’ in assoluto.

Anuptafobia

Eccola, ultima ma non ultima, l’angoscia di rimanere single. In una realtà ormai soverchiata, si teme non aver più modo per incontrare la persona giusta. I rapporti sono condizionati dalle dinamiche della quarantena e allora, erroneamente, si sviluppa la convinzione che senza l’altro accanto non si abbia il diritto, né la possibilità, di essere veramente felici.

Uscire dal labirinto immaginario dei costringimenti mentali è possibile. Bisogna lavorare con scrupolo e armarsi di determinazione. Serve tempo, soprattutto. E pazienza. Una sorta di rehab dell’anima, da frequentare per assumere l’habitus di non giudicarsi; non pretendere tutto e subito; confrontarsi con il prossimo, consapevoli del fatto che non siamo unici nella nostra sofferenza. Imparare a dedicarci il giusto spazio e ridere, giacché l’ironia non solo ci aiuta a sdrammatizzare ma – come se non bastasse – rafforza persino il nostro sistema immunitario.

LEGGI ANCHE: Addio alle vecchie abitudini? Sganciarsi non è poi così difficile

Commento all'articolo