Storia della stretta di mano, il saluto “proibito” al tempo della pandemia
Un gesto quotidiano. Per alcuni un’abitudine. Di certo, il primo biglietto da visita, quando ci presentiamo, per farci conoscere. Cosa dire della stretta di mano. E’ talmente naturale il modo in cui ci approcciamo agli altri attraverso questo metodo, che stare a suffragarlo sembra superfluo. E forse un po’ lo è. Ma solo un pochino. Perché l’azione, che ormai caratterizza i nostri incontri e conoscenze, si ammanta di significati e storia, assai più ampi.
Di sicuro c’è che ci manca. Toccarci. Anche solo per un istante e stabile quell’imput che può dar vita ad un rapporto… di lavoro, d’amore, d’amicizia. Un legame che, a ben guardare, già al contatto, parla di chi siamo e di come siamo.
LA TUA STRETTA DICE CHI SEI
E, in effetti, sono numerosi i modi di stringere la mano e ognuno si caratterizza da sé.
C’è, ad esempio, la presa ‘distratta’, quella che – più comunemente, definiamo a ‘pesce morto‘. Evidente fotografia dell’irresolutezza dell’interlocutore. Comunica ansia, insicurezza, senso di inadeguatezza. C’è la ‘stretta del mendicante‘, vale a dire con il palmo all’insù, segno di sottomissione o… debolezza di carattere. La ‘presa a pinza‘ racconta, invece, di un agire frettoloso, sfuggente. Vengono coinvolte, nel gesto, non l’intera mano, bensì unicamente le dita. Sinonimo di un atteggiamento espansivo, di una personalità estroversa, è il saluto così detto ‘a pompa‘, in cui i movimenti verticali si avvicendano, diretti dal braccio, in rapida successione.
La stretta, empatica per eccellenza, è quella ‘abbracciata‘: comprende le due mani, avvolgendo quella altrui, a significare protezione e desiderio di ricevere fiducia. I soggetti ‘dominanti’ non rinunciano a tenere il dorso in su, quasi a sovrastare la presa dell’altro/a. Superiorità di status’… di ruolo? Poco importa, di fatto risulta sfacciatamente convincente e funzionale a far comprendere, immediatamente, chi comanda. Non a caso, è la preferita da Donad Trump.
STORIA DI UN GESTO UNIVERSALE
In lungo e in largo, e poi a ritroso, nei secoli. L’attitude a comunicarci agli altri sembra non registrare confini, in ordine di spazio, né di tempo.
Ecco allora che le prime tracce risalgono già all’antica Babilonia. L’incontro, ravvicinato, fra il Re Shalmaneser III d’Assiria (859–824 a.C.) e il Re Babilonese Marduk-zakir-shumi I (855-819 a.C.) fece da suggello – come dimostrano i reperti conservati presso il Museo Nazionale di Baghdad, ad un evento rimasto, evidentemente, storico.
Ma potremmo inoltrarci ancora più indietro. In un altro ritrovamento, un sarcofago raffigurante scene tratte dalla Bibbia (320 d. C. ca., Velletri, Museo Civico Archeologico), la coniunctio manuum vede protagonisti i progenitori del genere umano. Adamo ed Eva, in compagnia dell’albero e del serpente tentatore, in un grande sarcofago ispirato dalle varie storie, presenti nel racconto biblico.
Del resto, la dextrarum iunctio fra coniugi è rievocata in molti altri frammenti. Uno fra tutti, il bassorilievo di età imperiale, conservato presso il Museo Nazionale di Capodimonte.
Ed ancora, in Occidente, sono Era ed Atena le divinità protagoniste di un rilievo del V secolo a.C. rintracciabile presso il Museo dell’Acropoli di Atene. La stele narra dell’alleanza fra Samo e l’attuale Capitale ellenica, suffragata dalla volontà ultraterrena.
Se ne favoleggia nei poemi Omerici e tra gli Etruschi, anche in occasione dell’addio ad un defunto.
La stretta di mano fra sconosciuti era probabilmente diversa da quella mostrata in molte sculture. La maggior parte degli storici convergono nell’identificare il ‘saluto gladiatorio‘ come una pressione a livello dell’avambraccio. Segno chiave, per indicare l’assenza di armi nascoste, usato tra soldati, ma anche nella società civile. La versione ‘moderna’ sarebbe da ricondurre al culto del Dio Mitra, tra le religioni più diffuse nel vastissimo Impero Romano. La stretta di mano, a livello del polso o più in su, universalmente considerato lasciapassare di non belligeranza.
E se i cavalieri medievali si distinguevano per il fantomatico saluto militare, famosa è la raffigurazione dell’augusta delicatezza con cui, in segno di pace, Enrico II d’Inghilterra porge il palmo a Tommaso Becket, in una miniatura della seconda metà del XII. sec.
La ‘mossa’ rimane presente in una vasta iconografia del ‘secolo buio’, legata soprattutto al matrimonio, ma gli storici ritengono che sia tornata in auge grazie ai Quaccheri del XVII secolo, convinti che fosse un’alternativa egualitaria, rispetto all’inchino o al togliersi il cappello.
Il saluto fu ulteriormente sdoganato nel 1800, tanto che i manuali di etichetta includevano le linee guida per la corretta tecnica: “un gentiluomo che preme brutalmente la mano che gli offre il saluto, o che lo scuote con troppa violenza, non dovrebbe mai avere l’opportunità di ripetere la sua offesa“. Così si consigliava ai lettori, nel 1877.
DECLINAZIONI INFINITE…
La troviamo al tempo dell’antica Grecia, quando la stretta di mano veniva definita δεξίωσις – dexiōsis o δεξιόομαι: ‘dare la destra‘. Tra i Latini era la Dextrarum iunctio; afferiva agli sposi e, perciò, si arricchiva della notazione: inter coniuges. Per i Francesi: poignée de main; in spagnolo: apretón o estrechón de manos; in portoghese: aperto de mão.
Nel lessico nostrano l’azione corrisponde all’esercizio di una sollecitazione insistita, intesa a ‘bloccare’ l’altro; per inglesi e tedeschi equivale ad una sorta di scuotimento: handshake (to skake: scuotere, agitare); e, per l’appunto, Händeschütteln (schütteln: agitare) o Handschlag (schlag: scossa).
Per tutti noi, rimane, chiaramente, irrinunciabile.
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