Perché l’Italia sta lottando per lanciare la sua rete 5G
Vittima di alti costi, teorie del complotto e burocrazia: ecco che fine ha fatto il progetto 5G, tanto atteso in Italia. Doveva precorrere i tempi, ma si è rivelato un nulla di fatto. Dove sono le reti? Se lo chiedono perfino gli operatori.
Il programma di distribuione di servizi mobili è stato lanciato con grande entusiasmo, nell’ottobre 2018. L’Italia ambiva a sfruttare la tecnologia di rete wireless, di prossima generazione, assai più veloce e in grado di gestire più dispositivi connessi, rispetto al 4G, già esistente. Pensare che le aste sono iniziate già alla fine del 2018 – due anni prima della vicina Francia – raccogliendo oltre 6,55 miliardi di euro. Molto al di sopra dei minimi di 2,17 miliardi di euro, che Parigi spera di portare, in autunno.
I motivi dei ritardi
“La cultura delle telecomunicazioni mobili, in Italia, è sempre stata in anticipo sui tempi. La Penisola è stata la prima Nazione al mondo a lanciare il 3G“, ha dichiarato, ad AFP, Andrea Rangone, professore presso il Politecnico di Milano. Tuttavia, i prezzi elevati pagati per le frequenze, insieme ai meccanismi arrugginiti dell’apparato statale, sono risultati causa di disguidi, non da poco.
Le aste hanno comportato “costi molto più elevati per le aziende, rispetto ad altri Paesi“, con “un forte calo della redditività“, gli fa eco Enrico Barsotti, di WindTre.
“Investire in Italia è molto difficile, non c’è certezza sui tempi, a causa della burocrazia “. Ottenere i permessi necessari “dipende da regole che variano da una regione all’altra, o anche da un comune all’altro“, ha poi concluso.
Complottisti
Gli operatori, frustrati, temono anche danni di altro genere: vale adire le teorie di cospirazione, che alimentano la diffusione di false notizie, secondo cui il 5G sarebbe dannoso per gli utenti.
Le aziende hanno esortato il Governo ad affrontare i rapporti sui presunti pericoli del 5G, con Fastweb che sottolinea: “le frequenze utilizzate sono esattamente le stesse utilizzate negli ultimi 20 anni, per altre tecnologie mobili“. Proteste, quelle contro la nuova tecnologia, che non hanno impedito agli operatori di lanciare commercialmente 5G, con abbonamenti dedicati.
Telecom Italia (TIM) offre già il 5G in nove città, tra cui Roma, Torino, Firenze e Napoli, e lo farà “presto” in altre città, come Milano.
L’obiettivo è “coprire l’intera popolazione, entro il 2025/2026“. L’esperto di trasformazione digitale, Gianni Ferranti, ha affermato che “potrebbe esserci una ripresa dello sviluppo del 5G, nel 2021, se il Governo mantiene incentivi fiscali per le aziende che investono in digitalizzazione e automazione, e se i prezzi medi dei telefoni cellulari in grado di connettersi al 5G diminuiscono“.
Il 5G è ora almeno parzialmente disponibile in 378 città, per un totale di 34 Paesi, 15 dei quali in Europa, tra cui Austria, Germania, Spagna, Svezia e Svizzera. Il resto rimane attualmente un mistero. Una sorta di fueilleton nei nostri giorni, che si consuma a capitoli, un passo dopo l’altro, in attesa di un finale, attualmente, ancora imprevedibile.
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