Il vetraio di Murano che non trovava lavoro…

Il vetraio di Murano che non trovava lavoro…

E’ triste, la storia che stiamo per raccontare e imputabile ad un momento, scomodo per tutti.

Gianni Cimastoro viveva e lavorava a Murano: conosciuto, stimato, apprezzato.

Poi, come molti, è rimasto vittima della crisi economica, generata dal Coronavirus. Per il 49enne, non più un’occupazione stabile.

L’Italia, tutta, nello scompiglio e così – all’improvviso – anche ‘il nostro’. Un mastro artigiano del vetro, di tutto rispetto, di punto in bianco privo di aspettative, derubato dei sogni e della possibilità – più immanente – di andare avanti. Così si è suicidato, Gianni. Non vedendo alternativa per il proprio futuro.

Non senza difficoltà, aveva dato vita alla sua attività: Talent Artigian Vetro, si chiamava il negozio. Un posto – quello in Riva Longa – che respirava di arte e dedizione. Le lavorazioni, a lume, venivano minuziosamente composte, per poi essere rivendute. Costretto a chiudere, ultimamente viveva di lavoretti estemporanei. Fino al marzo scorso, quando il Covid gli ha portato via anche l’ultimo dei baluardi a cui appellarsi. La speranza è volata via, per l’uomo, oltre la Laguna, non lasciando più traccia di sé.

L’ultimo colloquio saltato. Poi, la decisione di suicidarsi

Gianni ha tenuto duro, fino a quell’ultimo colloquio, in programma 15 giorni fa. Un appuntamento mancato, che ha finito per squarciare definitivamente le attese del 49enne.

Giovedì, 2 luglio, Cimastoro si è recato nel magazzino di casa e, lì, si è impiccato ad una trave. Gianni non aveva famiglia. Era tornato a vivere con i genitori, ed è stato proprio il padre a trovarlo, privo di vita.

Cronaca, semplicemente. Oppure ‘Cronaca di una morte annunciata‘. Dal momento che la storia si ripete. Funzionalmente, è sempre la stessa, figlia del posto di lavoro perso, della necessità di sopravvivere e dell’infrangersi delle vie d’uscita, una dopo l’altra.

Cronaca – dicevamo – di una storia che non vorremmo mai più raccontare. Di qualcosa che accade e da cui facilmente ci si distrae perché, in fondo, non è toccato a noi. Cronaca di un’esistenza, che qualcosa deve aver pur lasciato, nel cuore di chi rimane. Che si fa emblema – forse proprio poiché ripercorrebile nell’esistenza di chiunque – di un dolore che rischia di divenire insostenibile. Per chi va. Per chi resta e, giorno dopo giorno, deve ricavare forza e motivazioni, ancha là dove sembrano impossibili da vedere.

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