Gucci e violenza: la pesante eredità di Alexandra Zarini

Gucci e violenza: la pesante eredità di Alexandra Zarini

Ci fu l’era di Aldo, il traghettatore, artefice della transizione dalla piccola realtà di provincia in Colosso internazionale. Poi fu la volta della mantide. Patrizia Reggiani, geniale programmatrice di un progetto omicidiario capace, a suo tempo, di fare scalpore. Il clan Gucci ha lasciato che si parlasse di sé per faccende di evasione fiscale, come pure, con la medesima eco, per gli interventi, numerosi, dell’Azienda, all’insegna dei concetti di inclusività, emozionalità, creatività.

Oggi Alexandra Zarini, trentacinquenne erede di uno tra i nomi più rinomati del made in Italy, intenta causa, presso la Corte Superiore della California, in quel di Los Angeles, per abusi sessuali, nei confronti dell‘ex patrigno, Joseph Ruffalo, complici la madre Patricia e la nonna, Bruna Palombo.

IL GIOCO DELLE PARTI

Crimini perpetrati dal produttore musicale, ex manager di Prince, per anni e di cui tutti avrebbero consenzientemente taciuto. Di più, l’incubo – tradotto in strofinamenti, palpeggiamenti, video pornografici… – iniziato quando la bambina aveva appena sei anni, si sarebbe protratto fino ai ventidue, supportato dalle minacce di chi, in teoria, avrebbe dovuto, nell’interesse del proprio sangue, far luce sui fatti. “Gucci e Palombo hanno cercato di evitare ad ogni costo quello che capivano sarebbe stato uno scandalo, che avrebbe potuto offuscare il nome Gucci e potenzialmente costare loro milioni di dollari“, si evince dagli atti.

Aspra, al riguardo, la smentita di Felicia che, nella propria versione dei fatti, asserisce di essere venuta a conoscenza della situazione solo nel 2007 e di aver immediatamente preso le distanze dall’allora consorte.

Quanto a Ruffalo: “Al tempo lui e la moglie erano preoccupati della salute mentale di Alexandra e affrontarono il problema della sua instabilità. Evidentemente non hanno ottenuto risultati“, fa sapere il suo avvocato.

Ci si destreggia di fioretto, dunque, parola mia contro parola tua.

UNA STORIA LUNGA QUATTRO GENERAZIONI

Del resto, le cifre in gioco e gli interessi rimangono alti. Ne è trascorso di tempo da quel 1921, punto di svolta per Guccio Gucci che, in collaborazione con i tre figli Aldo, Francesca e Rodolfo aprì, prima a Firenze, poi a Milano e Roma (1938), una serie di negozi di pelletteria. Un’idea di vendita allargata, in cui erano considerati anche articoli da viaggio e per l’equitazione e che sfociò, nel 1945, nella sottoscrizione di una s.r.l., in grado di sconfinare oltre l’Europa. Nel 1953 venne inaugurato il primo punto vendita a New York.

Un successo da capogiro che, nel 2016, regalò al brand un fatturato da 7,6 miliardi di euro, promuovendolo medaglia d’argento, superato solo da Louis Vuitton. A tenere le redini, attualmente, Alessandro Michele, in veste di direttore creativo, e c’è da aggiungere che la ‘famiglia’ non è più associata direttamente al marchio dal 1993, da quando – cioè – Maurizio Gucci, cugino di Patricia e mamma di Alexandra, vendette la rispettiva quota azionaria alla Investcorp, con sede in Bahrein.

Tutto lontano, tutto vicino, come la partita che si sta giocando in questo momento. E se qualcuno dovesse domandarsi perché denunciare proprio adesso, la risposta è presto detta: Alexandra è venuta a conoscenza dell’attività di Ruffalo come volontario presso l’ospedale per bambini di Los Angeles. “Non voglio che questo accada a mio figlio o ad altri bambini“, ha ribadito l’interessata. Nel dubbio, come darle torto?

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