Stadi sì, stadi no. Scontro Sileri/ D’Amato. E intanto c’è, come sempre, che fa il furbetto
20/25 mila persone, non di più. “Gli stadi si possono portare a un terzo della capienza“, ha dichiarato, di recente, il viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri, ipotizzando, riguardo una sia pur parziale riapertura dei campi da calcio. Previsione immediatamente azzerata dal titolare del Ministero, Roberto Speranza: “La priorità sono le scuole, non gli stadi“, ha ribadito, sostenuto dal parere dell’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, che l’ha definita “una follia“.
E se, stando al primo, “nel momento in cui si mantengono due metri di sicurezza con regole precise; si vietano gli abbracci, con l’utilizzo della mascherina e degli igienizzanti, io penso che l’ingresso ai tifosi si può portare ad un terzo della capienza dello stadio.”
“Ma siamo sicuri che la priorità sia riaprire gli stadi con 25 mila spettatori? Mi sembra il modo più rapido per tornare a nuovi lockdown“, tuona il secondo. “Attorno a noi, città europee stanno attuando o hanno attuato misure restrittive, da Londra a Madrid, a Parigi. Ci siamo già dimenticati gli effetti deleterei che ebbe la partita Atalanta-Valencia allo stadio Meazza di Milano? È una follia. Pensiamo invece a tenere aperte e difendere le scuole e le Università“, conclude , quindi.
Punti di vista, neppure troppo complessi. Preambolo, l’uno, di una preoccupazione ancora in calce, dettata – peraltro – e confermata da indiscutibili numeri. Tentativo di spinta in avanti, la visione – o pre-visione di Sileri – dovuto, forse, all’incalzare di esigenze che non derivano solo dagli spettatori, da chi il calcio ama viverlo sulla pelle ma, ancor di più e in maniera più o meno sottile, ruotano attorno ad un altro gioco, fatto di interessi – soldi, parecchi – compravendite, di diverso tipo. Non ultimo, il recente caso Suárez. Una sessione straordinaria d’esame ed un falso attestato, con tanto di consegna anticipata dei contenuti del test, per consentire all’ex attaccante del Barcellona di dimostrare che possiede una perfetta padronanza della lingua italiana.
“Se lo bocciate ci fanno attentati“, si legge nella documentazione sequestrata dalla Procura. La frase è rivolta Stefania Spina, tra i vertici dell’Università per stranieri, direttrice del Centro per la valutazione e certificazione linguistica dell’Ateneo. “Ma te pare che lo bocciamo. Oggi ho chiamato Lorenzo Rocca, che gli ha fatto la simulazione dell’esame e abbiamo praticamente concordato…”. Ancora, l’interlocutore: “E che livello dovrebbe passare questo ragazzo… B1?». “Non dovrebbe. Deve. Passerà, perché con 10 milioni a stagione di stipendio non glielo puoi far saltare perché non ha il B1“. Faccenda chiusa. Si concordano i dettagli, tranne poi salire tutto a galla, un po’ come la melma che si accumula sulla battigia dopo un forte temporale o dopo che un eccesso di scafi a motore si è avvicinato alla riva.
Sa – come quello stesso olezzo – di marcio. Allora, al di là del desiderio di rispolverare uno sport – accantonato per i motivi che tutti sappiamo – che costituisce il vanto della Nazione, non sarebbe prima il caso – vista l’occasione di fermo – di cogliere l’opportunità per depurarlo? Riportarlo a quel che rappresentava all’inizio: simbolo di valori che conducevano padri e figli, per mano, allo stadio, la domenica pomeriggio. Esempio di sana competizione. Parabola di un’esistenza, che ci insegna che mai nulla è realmente perduto… Tutto questo è finito. Depauperato, consumato in nome del Dio denaro e di tutto il parentato.
The show must go on. E sia; ma se proprio deve proseguire, almeno, direzioniamoci per sentieri differenti e facciamolo ora.
LEGGI ANCHE: Il nuovo volto del calcio che ha voglia di fare ‘coming out’
LEGGI ANCHE: Le star della Premier League avranno voce in capitolo sulla ripresa del calcio
Commento all'articolo