La madre di Marco… un dolore che non conosce risarcimento
Omicidio Vannini. Torniamo a parlarne poiché, di recente, con la ripetizione del processo, si è giunti alla condanna per l’intera famiglia Ciontoli. 14 anni per Antonio; 9 anni e 4 mesi, comminati a sua moglie e ai figli Federico e Martina, per omicidio volontario. La sentenza recita un verdetto atteso da tanto, troppo tempo… Siamo ormai al dunque del processo d’appello bis per l’omicidio del giovane di Ladispoli.
Ci ripetiamo, poiché la sorte, alle volte, rigira le carte. E pur non apportando consolazione può, quanto meno, dare parvenza di una equità, a lungo chiesta e sperata.
“In quella casa ha urlato con urla disumane. E loro non l’hanno…“. Quasi priva di fiato, si apriva ai microfoni dei giornalisti Marina Conte, mamma di Marco, impietrita di fronte al dipanarsi degli eventi e a quell’indifferenza, non dettata dalla cattiveria. Piuttosto, e ancor peggio, dall’ignoranza. La mancata presa di coscienza, di fronte all’evidenza di una realtà ineluttabile.
Alla ricerca spasmodica di una forma risarcitoria ha combattuto, piccola eroina dei nostri giorni, armata di un coraggio da leoni, pur di difendere la propria verità. E lo ha fatto senza versare una lacrima. Salda. come se quel dolore impetuoso, così trattenuto, la donasse la forza di non crollare. Ecco, adesso può permettersi di trovare la sua strada: “La giustizia esiste“, ripete. Poi, finalmente, lo sfogo.
“Ciontoli non deve chiedere scusa a noi, ma a se stesso“, sentenzia placida, come è solita mostrarsi. E aggiunge: “Sicuramente domani porterò a Marco quei fiori che gli ho promesso da cinque anni”.
E chi mai lo avrebbe detto che quel corpo dall’apparenza esile fosse capace di contenere tutta questa forza d’animo; grinta da vendere e determinazione? Ora si attende l’atto finale, quello attinente alla Cassazione. Tuttavia quello appena raggiunto, secondo la donna, è comunque un traguardo importante.
Non la abita la sete di vendetta, che tanto da storie come questa si esce tutti perdenti. Solo ci teneva, ci tiene ad arrivare ad una ‘doverosa’ conclusione laddove, in passato, era stata riconosciuta a Ciontoli e parenti una pena, rispettivamente, di 5 e 3 anni, per omicidio colposo.
Ulteriore beffa, dopo avere, nell’arco di 110 minuti, strappato via ad un ragazzo il dono dell’esistenza, privandolo in Appello, non paghi, financo della dignità.
Ha scelto di non esser presente Marina, al momento del verdetto. Niente più aule, confessa in prima persona, per una donna che “in questi cinque anni, purtroppo, non ho potuto elaborare neppure il lutto, poiché dovevo battermi“. Adesso il sipario si chiude, con un’esultanza che deriva dall’aver rivendicato e tutelato i diritti che spettano ad ogni cittadino.
I momenti di buio, nel cuore della ‘nostra’, non sono mancati, “…però sono sempre stata tenace. Avevo promesso a Marco che non avrei mai mollato… Ho educato mio figlio secondo valori e regole“. E sulle stesse basi ha agito.
Ha scardinato, passo dopo passo, quel nucleo di bugie al limite dello scherno, per regalare a suo figlio un ennesimo sorriso.
“Ringrazio i media e chi, in tutto questo tempo, ci ha aiutato“, conclude. E, intanto, si consola con il pensiero di quel ventenne educato, per bene, come Lei lo ha cresciuto che, proprio secondo i suoi insegnamenti, adesso le direbbe, anzi, le dice, sereno: “Grazie, ‘ma!“
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