All’aeroporto di Lamezia come dentro una serie Tv

All’aeroporto di Lamezia come dentro una serie Tv

“Estraeva”, detto in gergo. Per noi, ‘profani’ della materia, potremmo tradurlo in produceva criptovalute, monete virtuali come i bitcoin, per intenderci. E, nell’operazione, utilizzava, come avamposto, gli impianti della società SACAL, incaricata della gestione degli aeroporti calabresi, in cui era impiegato.

Un tocco di genio e, di fronte a tanto ardire, al pari delle serie più avvincenti, come non inchinarci ed applaudire.

Il ‘minatore‘ è stato scoperto e denunciato dal personale della Polizia Postale di Reggio Calabria e Catanzaro. Il 41enne, tecnico addetto all’infrastruttura informatizzata dell’aeroporto, prestava servizio presso lo scalo di Lamezia Terme. Stando, però, a quanto viene riportato, a ‘tempo perso’ si adoperava, diciamo pure, nelle faccende di personale interesse.

UN RACCONTO, SINTESI DI INGEGNO E SPERICOLATEZZA

Del resto, dopo tanti ‘scandali del cartellino‘, tra assenze ingiustificate e false timbrature, ecco un caso in cui il tempo, davvero, non veniva sprecato. L’uomo è stato in grado di installare un malware e sfruttare il comparto internet della Ditta per ‘ricavare’ moneta virtuale, mettendo in pericolo il sistema interno tutto.

I tecnici, allarmati da una serie di anomalie, avevano, da tempo, allertato la polizia di frontiera che, a sua volta, ha repentinamente chiesto l’intervento degli esperti in crimini informatici.

Ebbene, dopo un’attenta indagine, gli investigatori hanno rilevato la presenza, in due differenti locali, di una vera e propria Mining farm. Una rete abusiva, vale a dire, composta da cinque potenti Mining Rig – termine con il quale si suole indicare i sistemi utilizzati per la creazione bitcoin o simili – collegati alla rete Internet esterna. Questi ultimi, si intenda, dedicati alla gestione dei servizi aeroportuali ed alimentati, grazie alla fornitura di energia elettrica dell’aeroporto. Niente male, no?

UN ALLARME FONDATO, PER LA GESTIONE DELL’AEROPORTO

Un’organizzazione sofisticata, evidentemente non per chi di questi argomenti se ne intende, che consentiva all’hacker di approvvigionarsi di Ethereum, tra le criptovalute più rinomate, senza dover sostenere le spese dell’energia elettrica, necessaria per il funzionamento – h24 – delle apparecchiature. La connessione avveniva, infatti, a spese degli impianti generali, con il rischio di compromettere, secondo l’accusa, la sicurezza informatica aeroportuale.

La Procura si è data alacremente da fare, esaminando gli indirizzi Ip, abbinati alle macchine installate. Il monitoraggio certosino del sito – su base di appostamenti e telecamere – ha consentito l’individuazione del ‘pirata’. Una ricerca che, però, non si arrende. E’ necessario procedere – si specifica – nella certezza che non risultino ulteriori figure complici.

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