Dio abbia pietà del Re!
La morte del secolo. Verrebbe da definirla così, la dipartita di Diego Armando Maradona. Da quel pomeriggio del 25 novembre 2020 nulla è stato più lo stesso. Non lo è stato per i patiti del pallone, del Napoli, dell’Argentina… e non. Non lo è stato per chi, negli anni, ha condiviso – non solo al fianco dello sportivo ma, anche e soprattutto, accanto all’uomo – gioie e fallimenti; cadute e miracolose risalite. E, neppure, lo è stato, per la ridda di parenti, reali e/o presunti tali, che da subito si sono affaccendati per spartirsi l’eredità.
Un bottino di 50 milioni di dollari, da dividersi tra uno stuolo di eredi che va arricchendosi di numero, giorno dopo giorno.
Non bastasse, sono subentrate anche le polemiche sull’addio del calciatore. A cominciare dagli scatti ‘rubati’ – ed in seguito postati sui social – dei ‘becchini’ di turno, fotografati accanto alla bara ancora aperta. Per trasferirci, poi, alle accuse di omicidio colposo, rivolte nei confronti del medico che aveva in cura il Campione.
Ora, man mano che trascorrono le ore, si apre un ennesimo capitolo. Emergono i dettagli di un esistere spoglio. Abbandonata, la vita di colui che, per definizione, è e rimane il Pibe de Oro, a se stessa. Pare che adibisse a camera da letto la sala biliardo, ‘chicca’ della Villa di La Plata, in cui il ‘nostro’ ha trascorso gli ultimi giorni. Una stanza che, descritta con minuzia, offre un ritratto raccapricciante ed inatteso di un personaggio del quale, solo, si poteva immaginare possedesse ‘tutto’.
“Un materasso matrimoniale nero, senza lenzuola, con un televisore mezzo incellofanato e rovesciato sopra. L’affaccio su un canale e le finestre, prive di tapparelle. Un angolo cottura e box di panini sbocconcellati. Scaffali vuoti e, sul pavimento, sporte di carta piene di panni, vicine a sacchi di plastica con effetti personali“.
Un affastellarsi di oggetti, a descrivere la tomba di quello che, da tutti, veniva osannato come un Re. Buffe le umane miserie, e così paritarie… Si era parlato di assistenza h24. Ci si ritrova, inaspettatamente, a fare i conti con uno stato di prostrazione e degrado inimmaginabili.
Nessuna traccia di un defibrillatore. Niente bombole d’ossigeno. Nulla. Tranne un vuoto che brucia, enorme. Lo stesso che, forse, deve aver accompagnato Dieghito per l’intero arco della sua strada. Quello che proviamo noi, nel narrare questa storia.
LEGGI ANCHE: L’uomo che fermò il Coronavirus
LEGGI LE ALTRE NEWS CHE SI OCCUPANO DI CELEBRITA’
Commento all'articolo