Ci mancavano pure i visoni…

Ci mancavano pure i visoni…

Una strage. Per di più cosciente. Effettivamente necessaria. E’ così che la Danimarca ha affrontato l’ondata di contagi che ha colpito la locale comunità di visoni: oltre 10 milioni di capi abbattuti, nel mese di novembre, poiché risultati infetti da Coronavirus.

Un duro colpo, ma non si è trattato di un caso isolato. Olanda, Svezia, Italia e, oltreoceano, Stati Uniti hanno subito la medesima sorte.

Diversa e ben più allarmante, tuttavia, questa particolare circostanza, dal momento che – si è appreso – il virus non solo aveva già intrapreso la strada di ritorno sulle persone ma, nel passaggio, era nell’atto di subire una sorta di mutazione genetica, rendendosi ancor più ostico ai farmaci.

LA PARTITA NON SI E’ ANCORA CONCLUSA

Pochi, dunque, gli esemplari risparmiati. Come intuibile. Come doveroso, per non rendere inefficace il vaccino. Eppure… la minaccia si fa ancora sentire. Calcolando che, di routine, ogni anno circa un migliaio di esemplari sfugge ai controlli, è assai probabile – stando al calcolo degli esperti che – nella migliore delle ipotesi – attualmente siano ancora in circolazione centinaia di animali contagiosi.

Il rischio è che si venga a comporre una ‘riserva virale‘, capace di produrre ulteriori varianti, ritenute, a buon diritto, pericolose.

In quanto a sintomi, va specificato che i visoni vivono per lo più in maniera schiva. Portatori sani, presentano una sintomatologia leggera. Le vie di trasmissione, tuttavia, sono infinite. Financo l’eventualità di essere divorati, una volta cadaveri, da possibili predatori.

L’INSIDIA MUTAZIONE

Va poi registrato, come accennato, il capitolo ‘evoluzione’, che sottintende un cambiamento del Covid, in grado di colpire, pertanto, anche altre specie come furetti, procioni, donnole e persino cani e gatti selvatici.

Stando così le cose, un primo passo si è già avviato, nell’intenzione di creare un antivirale apposito, in modo da proteggere la razza in questione da pronosticabili ricadute e consentire la riapertura degli allevamenti. Un percorso, che risulterà meglio definito in primavera.

E, come spesso accade, al riguardo non sono mancate neppure le critiche, ad opera di animalisti ed ecologisti. Scarso livello di protezione la denuncia, per quel che riguarda il personale addetto e poco ‘curate’ le condizioni in cui sono costretti a vivere i mammiferi, a cominciare dal sovraffollamento.

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