Vaccini: quella faccenda che mette – più o meno – tutti d’accordo

Vaccini: quella faccenda che mette – più o meno – tutti d’accordo

Non stiamo pensando di renderlo obbligatorio. E’ un’ipotesi, che non stiamo considerando. Confidiamo di raggiungere una buona percentuale di vaccinati, su base facoltativa“. Così Conte, riguardo all’obbligatorietà di vaccinarsi. “Per adesso ci sono categorie prioritarie“, aggiunge. Anziani e personale medico al primo posto, dunque. Tuttavia, “non interverremo con un vincolo, un obbligo, ma con la comunicazione. Spiegheremo bene, in termini scientifici, per arrivare a tutte le categorie“.

Va sottolineato, però che, se la questione dell’obbligo – al momento – rimane in sospeso, si affaccia, invece, l’idea del patentino di immunità, per chi si è vaccinato: “Ci sono proposte per una valutazione riguardo ad una maggiore mobilità, per chi fa il vaccino” rincara il Premier. Come guadagnarsi una licenza, che metta in grado – chi non rappresenta più una minaccia – di spostarsi con maggiore di libertà. Potrà, ad esempio, muoversi da una Regione all’altra senza alcuna restrizione, ma anche praticare sport e svolgere lavori, a contatto con il pubblico.

La proposta, nata dalle considerazioni dell’immunologo Massimo Galli, allarga il suo spettro. E’ ancora una volta il responsabile del reparto malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano a chiedere l’obbligatorietà, per gli operatori sanitari. “Senza se e senza ma. È evidente che dobbiamo sapere chi ha o non ha gli anticorpi, nell’ambito del personale sanitario” ha ribadito, perentorio.

Di simil parere Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri. Per medici e infermieri costituisce un dovere: “Se vivo in cima alla montagna sono libero di non vaccinarmi. Ma se vivo in una comunità ho l’obbligo di fare il vaccino, perché la mia libertà finisce quando comincia quella degli altri“, fa notare. Questione, insomma e al di là dei voli pindarici, di buon senso. Opinione, d’altra parte, condivisa dalla totalità – o poco ci manca – dell’intera classe medica.

Da una rilevazione, condotta su un campione rappresentativo delle diverse realtà regionali ed effettuata da Fadoi, Federazione dei Medici Internisti Ospedalieri e da Animo, Associazione degli Infermieri di Medicina Interna il 100% -tra internisti ed infermieri delle Medicine Interne – sono pronti a vaccinarsi.

Punto di vista, che trova sponsor persino tra le file dei politici, a cominciare da Silvio Berlusconi. Il Cavaliere, rivolto ai coordinatori dei Giovani di Forza Italia, si è fatto promotore della campagna vaccinale: “è davvero indispensabile sensibilizzare tutti sulla necessità di vaccinarsi appena possibile, sperando che il Governo sia in grado di realizzare un piano che funzioni. Vi prego, anzi, di svolgere un’opera di persuasione, soprattutto nei confronti dei vostri familiari più anziani, perché non rinuncino ad una misura di sicurezza essenziale, per sé stessi e per gli altri“. Queste, in sintesi, le parole del Leader azzurro.

E sull’ultimo scivolone del governatore De Luca (che, di libera iniziativa, si è fatto vaccinare), non di benevolenza si tratta, né di sufficienza, da parte del Presidente del Consiglio. “Per dare il buon esempio lo farei subito“, ma bisogna comunque “rispettare le priorità“, chiarisce, limpido. Chiamiamolo pure senso della diplomazia, laddove, meno, nell’analisi di quanto accaduto, lo è Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani: “Quel chirurgo che ha detto: La dose fatta a De Luca è stata tolta a me, ritengo abbia perfettamente ragione. Bene ha fatto il presidente Mattarella, che ha detto di voler aspettare il suo turno, per non voler togliere il vaccino a nessuno“.

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