A cuor ferito non si comanda…
‘E non finisce mica il cielo…‘, cantava Mia Martini, nel 1982. Ma l’altra metà dell’Universo, di sicuro, si rabbuia, nel momento in cui si parla di tradimento. Così, volendo correre ai ripari, si inciampa in errori ancora più grossolani. Ci si ritrova in preda a sentimenti alterni, dove il dolore fa da registro a momenti di confusione, più o meno riconosciuti. E quando la gestione diventa difficile, si rischia il patatrac.
Così, per legge, incorre in una condanna per diffamazione aggravata la moglie che, tradita, invece di agire nell’ombra, affidi alla piazza virtuale la propria rabbia.
Vietato rendere nota la tresca del consorte, assolutamente proibito insultare l’eventuale rivale. Esclusa, per la povera ‘vittima’, persino la possibilità di vedersi riconosciute le attenuanti. La vendetta è un piatto che va servito freddo? Ma quando mai, almeno secondo la sentenza 3204 della Corte di Cassazione.
O si reagisce nell’immediatezza o, piuttosto, meglio riporre il rancore e farsene una ragione.
E’ accaduto – e fa da volano – che la Suprema Corte riconoscesse le giustificazioni del caso ad una donna, rea di aver insultato, incrociata per strada lo stesso giorno della scoperta, l’antagonista in amore. Negata, invece, nella medesima causa, ogni possibilità di perdono da parere dei Giudici, laddove insulti ed ingiurie erano finite, per voce della stessa, il giorno successivo, tra le pagine del quotidiano locale. La politica del cuore spezzato vale, insomma, solo per animi surriscaldati. Ma appena la temperatura, anche di poco, scema, prevale il lungimirante pensiero, che mai avrebbe a finire in pasto ad un vasto numero di spettatori – sia pure abitanti della Rete – con il preciso intento di distruggere l’avversario/a, marito o amante che sia.
Vista la scelta del mezzo, di diffamazione a mezzo stampa – o simili – trattasi. Peraltro, dicevamo, aggravata. Dunque, priva di scusanti. Con tanto di multa al seguito. Una sanzione di poco più di 1000 euro, per l’occasione, da sommare ai 2.500, da versare in favore della ‘nemica di turno’. Quest’ultima, parte civile nel processo. Senza considerare i danni morali, la cui cifra resta da quantificare.
Tanta roba… troppa, se si spensa che, tutto sommato, i panni sarebbe meglio lavarseli a casa propria. E c’è, poi chi, ingegnoso, la trappola la sa preparare con efficacia, zitto zitto, recitando la parte fino al momento opportuno. Così, sopporta l’infamia, in silenzio e intanto medita… ed escogita nuove strade, come a suo tempo, ha saputo insegnarci perfino il Maestro Pietro Germi…
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