L’ammennicolo Italia per cui tutti perdono la testa
Avete presente il cubo di Rubik? Non è esiguo il numero di quanti, intorno agli anni ’80, ‘impazzivano’, nel tentativo di fornire un’identità univoca alle faccette colorate. Farle combaciare, insomma, secondo un ordine che, alla base, richiedeva applicazione e metodo.
Un gioco d’altri tempi, a pensarci oggi. Ma ne siamo proprio sicuri? Benché la compagine sia differente, l’inghippo, per così dire, sta sempre nei colori. Nel riprodurli, cioè, tutti omogenei, secondo la tonalità designata.
Al posto dei quadrati – solo – ci sono, adesso, le Regioni. Chi le desidera tinte di un giallo che, suggestivamente, rimanda alle atmosfere della bella stagione. Così, ad esempio, Giovanni Toti, presidente della Liguria, in cerca di “maggiori aperture, come ad esempio sport, palestre e piscine, spettacolo, consentendo ai ristoranti di scegliere se aprire a pranzo o a cena“. Chi, di contro, (vd. Bonaccini, rappresentante per l’Emilia Romagna con, al seguito, Attilio Fontana) le invoca definitivamente rosse (anche se in una formula soft). Sinonimo di lockdown, ma anche di un’azione mirata, forte, a fronte di un virus che non solo non molla, ma si fa di giorno in giorno più insidioso, applicando, nel suo peregrinare, strategie clandestine e inedite espressioni di sé.
Di fatto, venerdì c’è stato il consueto monitoraggio da parte dell’Istituto Superiore della Sanità. Ne consegue il cambio maglia per Campania, Emilia Romagna, appunto, e Molise, che si apprestano a tornare arancioni. Evita la retrocessione – per adoperare il gergo calcistico – la Lombardia e si salva – in corner – l’Abruzzo, destinato a ritornare, secondo previsioni, zona rossa.
Intanto, sempre più allarmati, i governatori chiedono all’esecutivo appena insidiatosi di rivedere i criteri secondo cui vengono valutate le differenti colorazioni. “È necessaria una revisione ed una semplificazione. Serve un respiro più lungo ed un’analisi approfondita dei luoghi e delle attività, anche in base ai dati di rischio già accertati“. Ancora una volta, l’esternazione arriva per voce di Bonaccini.
“Non solo“, si aggiunge “Occorre che le misure siano conosciute con congruo anticipo e tempestività, dai cittadini e dalle imprese. Tutte le Regioni hanno poi richiesto che, per i provvedimenti che introducono restrizioni particolari per singoli territori, si attivino anche, contestualmente, gli indennizzi per le categorie coinvolte“. C’è, poi, la questione vaccini e la necessità urgente – in merito – di un cambio di passo.
Tra manovre sospese, ripensate, rinviate o quant’altro, ci si domanda – insomma – come affrontare al meglio il futuro prossimo venturo.
Prima mossa, accertata, il Decreto, approvato dal Consiglio dei Ministri lunedì 22 febbraio. Provvedimento, che conserva in fieri i presupposti per una proroga del divieto di spostamento tra Regioni. In scadenza al 25 febbraio, Il Governo sta vagliando se procrastinare la restrizione fino a fine marzo. Subito dopo, andranno sentenziate le manovre da mettere in atto dal 5 marzo in poi, data di scadenza del precedente DPCM.
Vale a dire che, incassata la fiducia, Mario Draghi & co. dovranno darsi da fare per mostrare di che pasta sono fatti. Tutti indaffarati verso una comune missione, dunque.
A far fronte comune adesso si palesa persino lui, Matteo Salvini. Il leader della Lega ha chiesto di fermarsi “con gli annunci, gli allarmi e le paure preventive, che hanno caratterizzato gli ultimi mesi. Se ci sono zone più a rischio si intervenga in modo rapido e circoscritto“.
Parole, parole, parole, cantava Mina. Poi chissà…
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