Squalo albino: quel mistero negli abissi
Immaginate di “vedere per la prima volta gli alieni“. Già, perché la spettacolare creatura ha lasciato stupefatti persino gli esperti più accreditati. Del resto, di questo inconsueto esemplare di squalo si sa poco, o nulla. “Non appartiene, che io sappia, a nessun particolare gruppo…“, tanto da doverlo classificare in qualità di nuova specie, secondo le parole di David Ebert, direttore del Pacific Shark Research Center dei Moss Landing Marine Laboratories, in California.
Poco avvezzo all’occhio umano, d’altronde, l’animale di cui sopra è dedito frequentare ambienti inaccessibili – immerso in un perenne buio – che solo sofisticate apparecchiature riescono a raggiungere e ‘mettere in luce’.
Cosa attira tanto l’interesse degli studiosi? Presto detto, il soggetto in questione è albino. Caratteristica che, se per le razze presenti su terraferma costituisce un limite, rappresenta, almeno in ipotesi, un possibile vantaggio per chi abita le zone più profonde del mare.
Difficile mimetizzarsi, sia nel primo sia nel secondo caso. Ma può capitare che non tutti i mali vengano per nuocere. Così, forse, la luminescenza degli squali lanterna (la discendenza, almeno su carta, sembra questa), insieme alla capacità di emettere suoni, finirebbe per rappresentare una sorta di codice, un modo per comunicare, anche a centinaia di metri di distanza.
Dunque, lo status quo, a livello generico, affatto utile (nella prima circostanza, per passare inosservati agli occhi dei predatori; nell’altra, per chi desideri confondersi con quanto di più innocuo soggiorni negli abissi marini) sembra volontariamente aderire alle regole dell’Oceano, regalando i suoi privilegi.
Eccolo, quindi, il raro Etmopterus, completamente depigmentato, sotto lo sguardo smarrito e stupefatto degli studiosi che abitualmente si occupano dell’argomento. Che sia questo un fenomeno diffuso tra i fondali, del quale solo adesso si viene al corrente?
Il ritrovamento, stando al racconto, è avvenuto casualmente. Brit Finucci, luminare del National Institute of Water and Atmospheric Research, in Nuova Zelanda, lo ha recentemente descritto con queste precise parole: “Ho visto questo piccolo squalo lanterna seduto lì ed era come: ‘Che diavolo è questo?’. Non aveva nessun tipo di pigmentazione“.
C’è di più e cioè la faccenda delle dimensioni: “[gli albini], generalmente, non diventano molto grandi, perché vengono mangiati“, spiega Ebert. Non è detto, tuttavia, sia per forza così.
E di scoperta in scoperta, di recente ci si è imbattuti in un ‘Polifemo dei Mari’, vale a dire uno squalo albino, addirittura con un solo occhio. La malformazione, per bocca degli studiosi, troverebbe spiegazione nel cambiamento climatico. Le temperature, in costante aumento, condurrebbero, in sostanza, all’inaspettata mutazione.
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