E’ solo un cartoon, ma somiglia tanto alla realtà…
Certi accadimenti sembrano profetici. Così, ci si può ritrovare a girare un film – ed è successo in numerosi casi – che prefiguri anzitempo catastrofi e sventure. In quello di cui stiamo per raccontarvi un male sconosciuto ‘contagia ‘ il mondo, inesorabile. Si diffonde senza scampo e chi ne è vittima rimane – letteralmente – pietrificato.
Quattro registi e otto sceneggiatori, per realizzare un prodotto – firmato Disney – super globalizzato. Raya e l’ultimo drago sembra mancare, forse, dell’anima che ha da sempre caratterizzato i Capolavori della Major, eppure si manifesta ugualmente potente. Inquietante, così come si presenta, per la portata del suo messaggio.
Il punto è che la tecnologia, talvolta, tende a surclassare la poetica di un racconto che un tempo, altrimenti svolto, avrebbe condotto ad un processo di identificazione maggiore. Ma tant’è. Qui gli effetti sono speciali, anzi specialissimi, a dispetto – chissà – di creatività e fantasia .
La protagonista, neanche a dirlo, è una giovane guerriera, Raya, che abita in un mondo in cui draghi e uomini vivevano, un tempo, in armonia. Ora, invece, Kumandra – questo il nome della località – è ripartita in cinque regni, in cui degli animali non vi è più traccia. Basta un errore, per risvegliare i terribili Druun, sorta di “Re Mida” dal cuore crudele, intenzionati a trasformare in pietra quanto venga loro incontro. Ed è proprio la ragazza a commetterlo. La ‘nostra’ – e come potrebbe essere altrimenti? – decide, quindi, di rimediare allo sbaglio, mettendosi in viaggio alla ricerca di Sisu, l’ultima leggendaria creatura, sola in grado di riassestare i frammenti di una gemma magica e sconfiggere i terribili mostri.
Ma la ricchezza dell’avventura risiede, come spesso accade, negli incontri che, casuali o meno, costellano il tragitto. Sorta di riedizione del Mago di Oz, targato più moderna era, Raya – osteggiata, peraltro, dalla coetanea principessa di Fang, Namaari – è destinata ad imbattersi in una serie di partner, che la aiuteranno nella delicata missione.
Alle spalle della pellicola, una sceneggiatura convincente, personaggi accattivanti, dialoghi niente affatto banali e poco importa, in fin dei conti l’ambientazione -nel caso in questione ci troviamo in Asia. Il messaggio che si intende inviare è inclusivo. Si paventa una società che sappia riconoscere le diversità e comprenderle, permettendo a ciascuna realtà di respirare, in armonia con le altre.
Un film politico? Forse, secondo alcuni. Di certo, un girato che ‘vuole bene alla gente’; che spiega, soprattutto, che coraggio e determinazione, da soli, non bastano. Che occorre – anche nella peggiore delle situazioni – far conto su chi ci è accanto. Come a dire – verità di sempre – che ‘solo’ l’unione fa la forza…
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