Netflix e quella stretta ai furbacchioni

Netflix e quella stretta ai furbacchioni

Ci si consolava così, occhi puntati allo schermo, a godere, se non altro, dei privilegi offerti dalle piattaforme d’intrattenimento a pagamento. Il punto è che, nel tempo, si è stabilita l’abitudine di condividere l’accesso, tramite password, con persone non appartenenti al proprio nucleo familiare. Nulla di grave, sia ben chiaro, se non fosse che non l’hanno presa troppo bene quelli di Netflix, in via di studio, attualmente, per metter fine ad una manovra ritenuta, a loro avviso, illegittima.

La conferma arriva, mano ai fatti, data la comparsa di un particolare avviso, durante la visione. Nello specifico, il monito è indirizzato a quella categoria di utenti abituati a sfruttare il servizio, grazie a – chiamiamole pure così – ‘credenziali di comunità‘; combinazioni email-password distribuite – cioè – ai propri conoscenti, dagli amici ai parenti alla lontana, il più delle volte per ammortizzare il costo dell’abbonamento.

Abitudine, che minaccia di traballare. Al momento nulla di definitivo, ma se la Società di streaming dovesse persuadersi di perorare la causa, in molti si ritroverebbero a dire bye bye ai suoi contenuti. Il messaggio fa parte di un test, per comprendere la via migliore per arginare il fenomeno. A visualizzarla, in via sperimentale, è stato un numero limitato di soggetti, che fruiscono del sistema attraverso l’applicazione per smart tv. “Questa prova è concepita come supporto, per verificare che le persone che utilizzano un account Netflix siano autorizzate a farlo“, si comunica dall’Azienda.

Un pop-up – in sostanza – atto a verificare l’account, attraverso un SMS o un’email. Qualora non si fosse in grado di confermare l’autorizzazione per l’utenza, magari perché l’intestatario dell’abbonamento è l’amico di un amico di cui non si ha nemmeno il numero di telefono, Netflix proporrà di creare nuovo account, oppure di avviare il periodo di prova di 30 giorni.

Certo, l’invito può essere ignorato, ma è solo questione di tempo, giacché la piattaforma tornerà alla carica. A ben guardare, la pratica della condivisione massiva sarebbe già proibita. “Non dovrebbe essere condivisa con soggetti esterni al proprio nucleo familiare“, specifica la formula contrattuale. In concreto, tuttavia, il Colosso non si è mai impegnato, finora, in un’azione mirata. Stesso dicasi per la concorrenza. Unico paletto, quel che riguarda il numero di dispositivi per la visone simultanea dei contenuti, cifra che cambia, in base al numero di profili previsti dall’abbonamento scelto.

Usanza, peraltro, sostenuta per bocca degli stessi cofondatori della Struttura. Nel 2016, Reed Hastings, attuale A.D., l’aveva etichettata come qualcosa con cui “bisogna imparare a convivere, perché ci sono molti casi legittimi di condivisione, come quelli con il coniuge, con i figli… Non c’è una linea di demarcazione e a noi va bene così com’è“. Ora, invece, alla faccia dei 37 milioni di nuovi abbonati guadagnati nel 2020, si prefigura una brusca inversione di rotta, con buona pace dei numerosi appassionati di film e serie tv.

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