Scabrosa, pericolosa, bugiarda Sharon…
Parola di Star. E, quando i dettagli arrivano direttamente da un’auto-biografia, scritta e controfirmata, c’è poco da dubitare. Anche se…
“Dopo aver girato Basic Instinct sono stata chiamata per vederlo. Non da sola con il regista, come ci si aspetterebbe, vista la situazione, ma con una stanza piena di agenti e avvocati, la maggior parte dei quali non aveva nulla a che fare con il progetto. È così che ho visto le mie parti intime, riprese“, rivela Sharon Stone, in merito alla scena, ritenuta tra le più bollenti della Storia del Cinema. L’accavallamento che, nel 1992, la immortalò, eleggendola ad icona d’erotismo.
Nei propri scritti, l’attrice ricorda di avere preso coscienza della situazione, solo a pellicola montata. I fotogrammi che l’avrebbero resa celebre le sarebbero, in partica, stati ‘estorti’ con l’inganno. Non solo, sempre in The beauty of living twice l’interprete narra, anche, della volta in cui un produttore provò a convincerla a fare sesso ‘vero’ con il co-protagonista: “Avrebbero fatto meglio a prendere uno di talento. Qualcuno, in grado di ricordarsi le battute. Ooppure potevano fare sesso tra loro e lasciarmi fuori da tutto questo. Il mio lavoro è quello di fare l’attrice e faccio solo quello“, fu quel che rispose.
Denuncia di richieste oscene, numerose, e molestie, subite da registi, produttori, uomini, più in generale, appartenenti allo show-biz. Parla di ‘incubi’ e turbamenti. Insomma, una sorta di rivendicazione #MeToo, ex novo.
Eppure, in questo caso, a farle da contraltare, c’è chi rivendica una diversa versione dei fatti e lo fa, già in tempi non sospetti. Risale al 2000, l’uscita di un altro libro: American Rhapsody, per mano di Joe Eszterhas, sceneggiatore di Basic Instinct e, a seguire, di Sliver.
Qui, l’autore riporta testimonianze niente affatto convergenti e, anzi, del tutto contrarie, sorta di inversione di marcia, rispetto alla cronaca della Stone. La preda, nelle medesime circostanze, si rivelava, paradossalmente, cacciatrice: “Si mise a cavalcioni sulla mia schiena e cominciò a muoversi, avanti e indietro. Mi accorsi che non portava mutandine“. Pennellate, dettagli, sull’episodio in cui, volendolo indurre a riscrivere una sequenza di sesso, la ‘nostra’ intese regalargli un massaggio ‘speciale’. E, ancora, “Un massaggio analogo – si legge tra le righe – servì ad indurre il regista di Sliver, Phillip Noyce, a cambiare la scena della masturbazione nella vasca da bagno: ‘Le donne non lo fanno così‘, lo aveva informato Sharon“.
Eszterhas sostiene che, a dispetto della recente rispettabilità, dopo il matrimonio con il giornalista Phil Bronstein, la capacità di persuasione “appresa a 19 anni, quando faceva la modella, sui divani dei provini e negli angoli bui delle discoteche di Milano e Buenos Aires” hanno reso consapevole la donna e ambiziosa, assai più di quel che si possa ipotizzare.
All’epoca, la sex-simbol rispose, a queste ed altre provocazioni, in maniera tranchant: “Sapevo che era divertente, ma non sapevo che potesse scrivere commedie“. Oggi fornisce, nel dettaglio, la personale visione degli accadimenti. Ma il mistero, non di meno, rimane. Del resto, piaccia o no, questa è Hollywood, e qui tutto è permesso…
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