La politica dei ‘ma’, che sanno fare la differenza

La politica dei ‘ma’, che sanno fare la differenza

Avete presenti quei panegirici, che vi vengono rifilati quando vi si vuole convincere di qualche cosa? ‘Bla bla bla bla… ma..‘, come ad invalidare tutte le ragioni che vi sono state riconosciute in precedenza. Insomma, della serie: ‘Dove sta il trucco?‘. Pertanto, si può argomentare su tutto, che poi, al momento giusto, basta posizionare la parolina magica e ogni affermazione si risistema. Recupera il peso adeguato, si rovescia, addirittura, all’interno della medesima conversazione. Così’ è, anche se vi capita di chiamarvi Pietro Castellitto e se vi succede, durante un’intervista concessa al Corriere della Sera, di discorrere riguardo al #MeToo.

Pietro Castellitto

Dunque, dunque, il ‘nostro’, emerito figlio di cotanto padre – provare per credere – Sergio, ritiene – testuali parole – il movimento, pari ad un ‘monumento all’ipocrisia‘. Non serve andare oltre, per immaginare, a fronte della dichiarazione, il polverone, mediatico e non, che tali parole avrebbero potuto sollevare. Ma, e qui si comincia, appunto, con i ‘ma‘, a queste ne sono seguite altre, di ben diverso taglio. Si tratta, ha specificato l’attore e regista, di una “battaglia sacrosanta” – ascoltate bene – ed è proprio a questo punto che ha piazzato la sua bella congiunzione coordinativa avversativa, Treccani docet.

Il riferimento, era apertamente conducibile alle accuse, rivolte ad uno tra i più talentuosi protagonisti di Hollywood, caduto in disgrazia. Ricordate Kevin Spacey? La Star di House of Cards, è noto ai più, fu ritenuto colpevole di aver molestato diversi adolescenti, in altrettanti momenti della propria carriera. Ebbene, da allora, il divo fu costretto non solo a fare coming out, ma, anche, a dover rinunciare ad un futuro come interprete.

Kevin Spacey

Penso ai milioni, incassati dagli studi legali, attraverso il monumento all’ipocrisia del MeToo“, ribadiva, sulla vexata quaestio, Castellitto. “Battaglia sacrosanta, ma se Kevin Spacey mi mette la mano sulla coscia, gliela sposto, non gli rovino la vita, chiedendo pure soldi. Io vedo la volontà di potenza, che sfrutta questa crociata morale per ingrassarsi“.

La bomba, in ogni caso, è stata lanciata. E’ evidente.

Così, se da una parte si attesta chi crede che non basti davvero scansare una mano per evitare tutta una serie di abusi, c’è, a fronte, chi è convinto di una capacità di autogovernarsi, più potente del potere che ci si intende riversare addosso. Punti di vista, opinabili entrambi. Entrambi, a loro modo, validi.

Se, da una parte, sono attendibili le dinamiche che portano un ragazzino ancora imberbe a doversi raffrontare con un adulto, ben in grado di esercitare, a suo carico, un certo grado di magistero; dall’altra, è pur vero che in natura esiste quel che un tempo veniva riconosciuto come libero arbitrio, ossia la spontanea e personale possibilità di dire no, con i mezzi a disposizione, si intende. Ma, comunque, è un no.

Dunque, merito al #MeToo, che ha avuto il grande pregio di palesare i giochi ‘viziosi’ che si nascondono in certi ambienti, maggiormente predisposti a che avvengano. Onore al merito, tuttavia – che vale come un ma, sia chiaro – anche a chi, altrettanto coraggioso, perora il personale punto di vista.

C’è chi grida allo scandalo, all’anatema, come se di scandalo si fosse trattato, nel contemplare una visione dei fatti, scevra da finti intendimenti. E, nel manifestare il pensiero, non sempre è necessaria l’esperienza. A volte basta pure il buon senso. Poi, c’è il buon senso di chi, a sua volta, sta dall’altra parte e ascolta, che non sempre corrisponde a ‘sentire’.

E’ banale, quasi scontato affermare che non c’è nulla di stimabile in atteggiamenti molesti, che siano da ritenere deprecabili. Che vadano considerati intollerabili. Ma, con la stessa premessa di rispetto, andrebbe anche letta la posizione di colui che, semplicemente, offre, a domanda postagli, una propria visione delle cose. Netto, schietto, scevro da infingimenti e, per questo, assai probabile, disturbante.

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