Non limitatevi a chiamarla Cotoletta
Inutile storcere il naso. E’ un dato di fatto, qui stiamo parlando di un piatto internazionale. Cotoletta che, come molti appartenenti alla tradizione, vanta origini assai lontane.
Chiedere una Milanese al ristorante vuol dire inoltrarsi in una ridda di sapori conosciuti, familiari. Eppure, il gusto sottintende – sempre – un alto carico di aspettative. Ce la prefiguriamo già nel piatto, con l’osso o senza? E poi, è nata prima la Viennese? E che ne dite della Bolognese o della Palermitana?
Ok ok, rischiamo di arrischiarci fuori tema. Dunque, rewind.
Pietro Verri nel suo volume, “Storia di Milano”, narra di un episodio, legato proprio alla genia della pietanza. Il 17 settembre del 1134 cadeva l’onomastico del fratello del vescovo Ambrogio, Satiro. Affinché si festeggiasse secondo costumanza, ai canonici della Basilica venne offerto un banchetto, a base di portate succulente, tra cui costolette, impanate e fritte.
Non a caso, venne utilizzata la tecnica della panatura, nell’intento di simulare la copertura d’oro che, presso alcune nobili famiglie si utilizzava, per ricoprire i cibi. In sostituzione, i poveri grattugiavano il pane, aiutandosi, affinché tenesse sulla carne, con il rosso d’uovo. Friggendo, poi, nell’olio, la doratura finiva per assumere i medesimi colori del prezioso metallo.
Lombolos cum panitio era l’appellativo con cui veniva definito, allora, e pare somigliasse più ad una scaloppina, che alla tipica carne, cucinata secondo la ricetta del Capoluogo Lombardo.
Cutelèta, a sua volta mutuato dal francese côtelette che – letteralmente – significa costoletta, lo si assunse, nel gergo comune, solo con l’andar del tempo. Veniva, nell’utilizzo, adoperata, infatti, proprio una costoletta, non di maiale, bensì di vitello. L’unica che, a ragione, possa venire annoverata, alla guisa di Milanese.
È solo, tuttavia, nel 1814 che se ne individuano le tracce, nel dizionario Milanese-Italiano, curato da Francesco Cherubini.
D’altro canto, già in Francia, nel XVIII secolo, si cucinavano le costine panate, e quando gli Chef d’Oltralpe fecero sì che oltrepassassero il confine, vennero nominate: cotolette della Rivoluzione Francese. Venivano marinate – per dirla tutta – nel burro fuso, con l’ausilio di erbe, sale, pepe e chiodi di garofano e poi passate nella farina, nelle uova battute e nel pangrattato, prima di essere fritte.
Che la pietanza nostrana sia derivata da quella appena descritta? Gli storici gastronomici si interrogano, al riguardo. Fatto sta che, il Comune di Milano, con la delibera di Giunta datata 17 marzo 2008, ha assegnato la DE.CO. (Denominazione Comunale) alla Costoletta alla Milanese; non alla cotoletta.
Altro giro, altra corsa…
Anche Vienna diceva la sua. La Wiener Schnitzel lascia, alle proprie spalle, parecchi dubbi.
Leggenda vuole che il Conte Attems, aiutante del famoso generale Radetzky, ai primi dell’800 cenasse nella città meneghina e gli venisse servita proprio la cotoletta impanata. Ne rimase talmente affascinato, da evocarne la piacevolezza in una lettera. Rappresentava, a suo dire, uno “straordinario piatto, a base di vitello, impanato nell’uovo e fritto nel burro”. Da lì, l’esportazione in Austria.
Sebbene, panatura e frittura risultassero, sul posto, una consuetudine, fin dal 1719, c’è da sottolineare la diversità, nell’espressione delle due fettine. Se l’interpretazione nostrana prevede esclusivamente carne di vitello cotta nel burro chiarificato – ma la si può servire sia spessa sia sottile, con o senza osso – la wiener schitzel è sempre e solo sottile, sempre senza osso ed è di maiale. Inoltre, viene cucinata nello strutto.
Per preparare una vera cotoletta alla Milanese scegliete, pertanto, carne esclusivamente di vitello da latte; adoperate burro chiarificato e uova freschissime.
L’osso – è sottinteso – sarebbe preferibile lasciarlo. Controversa, invece, la presenza delle fettine di limone, dileggiata dai puristi. Il gusto, tuttavia, rimane personale.
COTOLETTA ALLA MILANESE
Ingredienti, per 4 persone:
- 4 costolette di vitello da latte (lombata), dello spessore di circa 2-3 cm
- 150-170 grammi di burro chiarificato
- 2 uova fresche di grandezza media o 3 grandi
- 200 grammi, circa, di pane grattugiato
- Sale
- Limone (facoltativo)
Preparazione:
In primo luogo, eliminate il grasso visibile dalle fettine, ed incidetela sui bordi, poi battetela, leggermente. Questa operazione servirà a non far sollevare le costolette, mentre sono in cottura.
Battete le uova in un recipiente, servendovi di una frusta o di una forchetta. A questo punto, immergete le fettine nel battuto. Passatele, quindi, nel pangrattato. Se ottenuto da grissini, conferisce maggior croccantezza.
Inserite il burro in padella e, appena sarà sciolto e schiumoso, sarà la volta delle costolette. Fate friggere, due o tre minuti per lato. Quando il colore sarà dorato, sollevatele dalla padella e mettetele ad asciugare, su un piatto foderato con carta assorbente. Salate, aggiungete o meno la fettina di limone e portate in tavola, a pietanza ben calda.
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