Insetti, vino Zeroalcol e latte di piselli: ma non è un ritrovato medievale
Trattasi di ‘politiche agroalimentari‘ o, almeno, questo è ciò di cui intendono convincerci. Di fatto, ci troviamo a fare i conti con un menù, già del tutto prefigurato. Per colazione, un bicchiere di latte di piselli, a pranzo un hamburger vegetale, accompagnato da un piatto di tarme di farina e, per mandarle giù, un bel bicchiere di vino, analcolico. Sono, queste, alcune tra le più o meno brillanti idee, in discussione presso l’Ue, che attentano – non possiamo non notarlo – alla reputazione del Made in Italy.
Il caso ‘insetti’
Dopo il via libera di Bruxelles alla commercializzazione, in termini di alimento, delle larve essiccate del coleottero Tenebrione mugnaio, si torna sull’argomento, dunque. E si sottolinea come il ‘nuovo alimento‘ potrà essere immesso in commercio come snack, essiccato intero, sia in veste di farina, ingrediente per prodotti alimentari.
Ma il punto – al di là di curiosità e raccapriccio – non è poi tanto questo, quanto piuttosto, in più vasta lettura, il piano d’azione Ue previsto per il decennio 2020-30, per i sistemi alimentari sostenibili. Una strategia, nota come Farm to Fork, che identifica gli insetti come una fonte di proteine a basso impatto ambientale, capaci di sostenere la transizione ‘verde’ della produzione. Al momento, pensate, sono 11 le domande in esame, presso l’Efsa. E la legislazione nostrana, che attualmente non autorizza gli insetti come alimenti, ma esclusivamente come mangimi, dovrà comunque adeguarsi.
Ma la questione non si chiude qui.
La faccenda ‘latte di piselli’
L’ultima trovata riguarda, infatti, il latte di piselli: “Con questa nuova alternativa al latte, fatta con piselli gialli frullati, del Belgio e della Francia… Salute!“. A promuoverlo, con tanto di brindisi, Bart Vandewaetere, vicepresidente della Nestlé. “Se un Italiano vuole del latte, comprerà del latte. Se vuole dei piselli, comprerà dei piselli. Questa, invece, è una sostanza che ha le sembianze del latte, pur non essendolo, a base di piselli trasformati e con aggiunte di sostanze, che lo rendono simile al latte”. Un bluff, allora? O semplicemente un’alternativa? Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, chiarisce: “Qui c’è in corso il tentativo di trasferire, nei laboratori, la produzione dei cibi con aggiunte sintetiche, cercando di riprodurli nell’aspetto, per andare incontro agli interessi delle grandi Multinazionali del food. Per noi Italiani, per la nostra tradizione e per la nostra dieta… rappresenta un rischio enorme”. Come a dire: ‘Giuste le intenzioni. Ma, poi, alla resa…’
La querelle ‘vino dealcolato’
Non siete ancora sazi? Presso il Parlamento Europeo è in discussione la proposta di de-alcolizzazione del vino. Vale a dire, la messa in discussione di una tra le principali voci di export agroalimentare Nazionale, del valore attuale di oltre 6 miliardi di euro. L’intenzione è di autorizzare, nell’ambito delle pratiche enologiche, l’eliminazione totale o parziale dell’alcol. “Un mega inganno legalizzato“, secondo Coldiretti. “Un prodotto, nel quale vengono compromesse le caratteristiche di naturalità, per effetto di un trattamento invasivo, che interviene nel processo di trasformazione dell’uva“. Pensare che, alle famose nozze di Cana – e lo diciamo, senza voler risultare blasfemi – dovette intervenire persino il povero Gesù, per trasformare l’acqua in vino. E, adesso… fatica vana.
La Commissione Europea smentisce, ma “la verità è che non c’è uno straccio di documento scritto, né garanzie, su come dovrebbe avvenire il processo“, sottolinea Scordamaglia. “Se tratti i prodotti con aggiunte chimiche, per farli apparire simili o uguali a quelli naturali o classici, trai in inganno il consumatore“. E prosegue, tranchant: “…mentre la Cina e la Russia hanno ben chiara la gestione della food security… noi che facciamo? Stravolgiamo il nostro cibo, in nome della sostenibilità solo ideologica e non competitiva? Non è questa la strada giusta, né quella più sensata“.
“Si può essere sostenibili – conclude – senza dover cedere ai prodotti sintetici”.
Situazione Italia
E se la battaglia prosegue, apertamente e senza riserve, il fulcro della bagarre risiede nel Nutri-score, sistema di etichettatura dei cibi ‘a semaforo’, proposto dalla Francia, supportato da Bruxelles, osteggiato, ciò non di meno, da una serie di Paesi, tra cui l’Italia. Per quale motivo? Senza spingerci troppo in là, limitiamoci a brevi esempi. Al parmigiano reggiano sarebbe convalidato il bollino arancione (D): un giudizio critico, senza appello, che punta il dito sulla quantità assoluta di sale, presente nell’alimento. Stesso dicasi per la mozzarella di bufala, per non parlare dell’olio di oliva, considerato, se non extravergine, alla stregua dell’olio di colza.
Paradosso dei paradossi, il latte a base di piselli è classificato con la lettera A. Promosso, quindi, a pieni voti. Cos’altro aggiungere se non, anche noi: “Salute!” e auguriamoci che, dall’alto, ci assistano.
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