Hotel Hassler: rombano i motori della ripartenza
Sapete cos’è un avamposto? E’ il luogo della resilienza. Quello in cui, a dispetto delle circostanze, non si abbandona. In cui si continua a lottare, perseveranti. In cui la capoccia non ce la si fascia, perché serve per pensare e pensare bene.
“In questo anno e mezzo non abbiamo mai chiuso. Sempre aperti, magari senza clienti, ma con le luci accese… Avevamo organizzato una serie di pacchetti con cena, per far passare ai romani la giornata in hotel. Ed è stato fantastico, alcuni ci hanno raccontato di non aver nemmeno mai sognato di entrare in quest’albergo, così lontano anche fisicamente dalla loro vita. È stato bello accoglierli“.
Ecco, Antonio Fico pare proprio uno di quelli. Figura semi-eroica che, per l’occasione, veste il ruolo di Room Division Manager di uno tra gli alberghi più In della Capitale: l’Hassler. Il famoso. Quello, per capirci, situato a Trinità dei Monti. Adesso, vuoi necessità, vuoi l’opportunità offerta dalla pandemia, il sito è stato luogo di restauro. Un restyling, in prospettiva di un’estate che vuole, a tutti i costi, coincidere con ‘ripartenza’. Il profilo turistico si disegnerà interamente di matrice italiana? Poco importa, “anche se stanno arrivando timide prenotazioni dal resto del Mondo“.
Il ristorante, Imàgo, una stella Michelin, vanta il patronato di Andrea Antonini. Tra i suoi mentori, Enrico Crippa, Joan Roca, Flavio Costa, di cui riporta le suggestioni in ogni piatto e, giacché lo chef è giovane e finemente talentuoso, ogni sei mesi provvede a modificare il menù. Un cambio d’abito, che somiglia parecchio ad un azzardo, come lo definisce egli stesso. “Ma non posso fare altrimenti“, aggiunge, catturato, a sua volta, dalla frenesia di un’attesa, carica di promesse e aspettative. “E voglio offrire il meglio che posso“, chiosa, membro, di pari ai suoi colleghi, di un universo che ha visto palesarsi, tra le sue stanze, personaggi eccezionali. Figure emblematiche, icone di un tempo che, aristocratico e viziato, si è sempre rifiutato di morire.
Così, ad esempio, Audrey Hepburn era solita alloggiare presso la N° 610. E, pensate, ancora, di quegli anni, conserva il legno originale alle pareti e il terrazzo, lo stesso che aveva rappresentato il quadro d’affaccio ideale per la celebre attrice. Tom Cruise, più di recente, ha alloggiato qui, indaffarato con le riprese dell’ultimo capitolo di Mission Impossible.
Ed è la meta prediletta per tantissimi stranieri. Dagli Arabi (che amano circondarsi di lusso), ai Giapponesi ai Tedeschi. E poi Americani, Francesi, Inglesi, Australiani.
Persino la principessa Diana ha contribuito a regalare ulteriore allure ai saloni, già tanto noti. Ne è testimonianza la foto, che la ritrae accanto al figlio del fondatore dell’hotel, Roberto Wirth, amatissimo dai dipendenti, tanto che alcuni di loro vantano un sodalizio, che si prolunga da oltre 30 anni.
Sono gli stessi che oggi commentano: “Non mi scorderò mai la prima telefonata, ricevuta dopo la riapertura. E’ stato emozionante, da lacrime agli occhi. Adesso aspettiamo i clienti a braccia aperte. Abbiamo capito l’importanza di ogni attimo, e io sono emozionatissimo“. A parlare è il Restaurant Manager, Marco Amato, commosso, mentre tutt’intorno fervono i preparativi.
Quando, nella cronaca, si riferisce a Wirth, lo etichetta come uno tra i pochi veri hotelier rimasti. Un signore alto, canuto, elegante, gentile e molto sensibile. Con i suoi hotel finanzia il Centro Assistenza per Bambini Sordi e Sordociechi Onlus (Cabbs). Del resto, “sono sordo profondo dalla nascita“, racconta quest’ultimo, “e, pensando a quando ero bambino e alle difficoltà che ho dovuto affrontare per diventare l’uomo che sono, nel 2004 ho dato vita al Centro Assistenza per Bambini Sordi e Sordociechi Onlus“.
“Ciò che è accaduto a me non deve accadere ad altri bimbi“, spiega. “Mi sentivo come un naufrago della vita, pervaso da un forte senso di abbandono. Le barriere della comunicazione e l’incomprensione da parte dei genitori riguardo le mie esigenze e le mie potenzialità erano scogli, spesso impossibili da superare. Il mio sogno più grande, adesso, è che i bimbi abbiano l’opportunità di mettersi alla guida di una grande nave, la loro vita, verso un futuro ricco di successi, affiancati da genitori consapevoli, in grado di comprenderli e sostenerli con il loro amore“.
Pensare che, ai tempi, a tenergli compagnia, c’era una tartaruga. Amore, ricambiato, che si evidenzia, oggi, in ogni angolo della prestigiosa location. In centinaia occupano le teche accanto al suo ufficio, l’ingresso, sotto a una Lupa, riproduzione perfetta di quella dei Musei Capitolini. Ne ha persino sui polsini, dove sfoggia gemelli in argento dalla forma, appunto, di testuggine.
Un uomo scrupoloso e attento, che ha messo a servizio della personale causa anche le generazioni a venire. La figlia, Vera, ha ideato addirittura una linea di prodotti di bellezza, Amor Vero, ad esclusivo utilizzo della spa.
Tutto pronto, dunque. Del ristorante si è lungamente dissertato, con tanto di tavoli ovviamente, distanziati: “si trovano a 2 metri l’uno dall’altro e, adesso, alcuni li teniamo vuoti, così la distanza è ancora maggiore“. E poi “le stanze iniziano ad essere prenotate“.
“Abbiamo molto sofferto ma non abbiamo mai chiuso. Il signor Wirth non voleva”.
Già. Come sarebbe stato anche solo possibile immaginare “le luci spente, alla fine delle scale più famose del mondo?”
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