Annegamento: tutto quello che c’è da sapere
Potremmo definirlo, nel senso letterale, un’insufficienza respiratoria acuta, conseguente alla penetrazione di liquidi nell’albero respiratorio. Si distingue in non fatale o fatale. Ma, più comunemente, lo conosciamo come annegamento. Un fenomeno, capace di causare ipossia e, come tale, di danneggiare, nel caso, una certa quantità di organi, soprattutto il cervello.
Pensate, è tra le prime 10 cause di mortalità in bambini e giovani, in tutto il mondo. Tra i motivi, pure, più quotati di morte involontaria, in tutte le età sotto i 55 anni. Ad alto rischio, in questo senso, sono:
- Bambini, immigrati o famiglie povere
- Maschi (80% delle vittime, oltre l’età di 1 anno, sono uomini)
- Soggetti che hanno fatto uso di alcolici o sedativi
- Soggetti affetti da condizioni patologiche, che causano incapacità temporanea (p. es., epilessia)
- Soggetti affetti da sindrome del QT lungo
- Soggetti che si impegnano in comportamenti pericolosi, come trattenere il respiro sott’acqua
I luoghi che registrano il maggior numero di casi?
Le piscine, le vasche ad idromassaggio, le raccolte di acqua spontanee, e, tra i neonati e bambini piccoli, i bagni, le vasche da bagno, le tinozze d’acqua e persino i secchi di liquidi per pulizie. Il numero di persone ospedalizzate per incidente non fatale, fortunatamente, è 4 volte superiore al numero dei deceduti.
La sintomatologia?
Panico e fame d’aria. I bambini incapaci di nuotare possono risultare immersi con un tempo inferiore ad 1 minuto, più rapidamente degli adulti. Dopo il salvataggio, sono comunemente presenti ansia, vomito, dispnea e alterazione dello stato di coscienza. I pazienti possono manifestare insufficienza respiratoria associata a tachipnea, rientramenti intercostali, o cianosi. I sintomi respiratori possono, talvolta, presentarsi con un ritardo, fino a 8 h dopo l’immersione. E, addirittura, potrebbero verificarsi sintomi, dovuti a lesioni o riacutizzazioni di patologie sottostanti.
Per quanto attiene alla diagnosi…
La maggior parte delle persone viene ritrovata dentro o in prossimità dell’acqua, rendendo ovvia la valutazione clinica. La rianimazione, se indicata, deve precedere ogni altro tipo di accertamento.
Dunque, occorre muoversi nel seguente modo:
- Valutazione clinica
- In presenza di lesioni concomitanti, sono necessari studi radiologici
- Pulsossimetria e, se i risultati sono anormali o sono presenti segni e sintomi respiratori, è necessario eseguire l’emogasanalisi arteriosa e la RX torace
- Misurazione della temperatura centrale, per escludere l’ipotermia
- Valutazione di disturbi causali o compartecipanti (convulsioni, ipoglicemia, infarto del miocardio, intossicazione, lesioni)
- Monitoraggio continuo, come indicato per complicanze respiratorie tardive
Tre, in sostanza, le azioni trattamentali immediate:
- Rianimazione
- Correzione dei livelli di ossigeno e diossido di carbonio e altre anomalie fisiologiche
- Assistenza respiratoria di supporto
Evitare, al contrario, tentativi di rimuovere l’acqua dai polmoni. Comportamento, causa di ritardi nella ventilazione e aumentato rischio di vomito
È necessario, inoltre, valutare la presenza di lesioni della colonna cervicale e procedere con l’immobilizzazione spinale, in pazienti con alterazioni dello stato di coscienza e con meccanismo di danno o trauma, correlato all’immersione. La presenza di trauma cranico secondario e le condizioni che potrebbero aver contribuito all’annegamento (ipoglicemia, infarto del miocardio, ictus, intossicazione, aritmia) devono, anch’esse, essere considerate.
In presenza, poi, di alterazione dello stato di coscienza, i pazienti devono eseguire una TC cerebrale. Ogni altra sospetta condizione predisponente o secondaria deve essere valutata con test specifici.
Dunque, riassumendo la fisiologia…
Ipossia, ipotermia e inalazione di liquidi sono, quindi, i rischi più diretti ed ovvi. Meno noto è, invece che, in coloro che praticano surf, sci d’acqua, nautica da diporto, ma anche nelle vittime di inondazioni e negli occupanti veicoli sommersi, possono verificarsi lesioni craniche, lesioni interne e lesioni a carico dello scheletro. Nonché lesioni cervicali e/o vertebrali.
I fattori che incrementano le probabilità di sopravvivenza, in seguito ad immersione in assenza di lesioni permanenti comprendono:
- Le rapide manovre rianimatorie
- La breve durata di immersione
- La bassa temperatura dell’acqua
- La giovane età
- L’assenza di patologie preesistenti, di trauma secondario e di inalazione di materiali particolati o sostanze chimiche
La sopravvivenza potrebbe essere possibile, nei casi di immersione in acqua fredda con durata superiore ad 1 h, soprattutto nei bambini. Così, anche i pazienti con prolungata immersione vanno rianimati con determinazione.
Va detto, tutti i pazienti ipossici o moderatamente sintomatici richiedono l’ospedalizzazione. Durante la degenza, sono necessari trattamenti continui di supporto, con l’obiettivo principale di raggiungere valori accettabili dei livelli arteriosi di ossigeno e diossido di carbonio.
I pazienti, di contro, con sintomatologia lieve, polmoni chiari, attività mentale e ossigenazione normali devono essere tenuti in osservazione al Pronto Soccorso, per almeno 8h. Se i sintomi si risolvono e l’esame e l’ossigenazione restano normali, possono essere dimessi, con la raccomandazione di tornare, in caso di recidiva.
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