Altro che simulazione… qui si affoga sul serio
Il termine con cui, più comunemente, lo si conosce è Waterboarding e consiste in una sorta di annegamento simulato. Una forma di tortura – tanto per essere chiari – che rientra – a quanto si dice – tra le formule adoperate dalla CIA, per ottenere informazioni, altrimenti inaccessibili.
La pratica è ritornata all’attenzione della stampa nel settembre 2006, quando l’amministrazione Bush venne tacciata di averne autorizzato l’uso, durante gli interrogatori di detenuti afghani, nella guerra al terrorismo statunitense. L’allora Vicepresidente Dick Cheney dichiarò di ritenere che “un tuffo in acqua” fosse, semplicemente, “uno strumento molto importante” per arrivare all’obiettivo. Di fatto, più in là, nel 2008, lo stesso George W. Bush ebbe ad ammettere l’illegittimità del procedimento.
Esiste – pensate – chi ha subito il trattamento ben 183 volte – tale Khalid Sheick Mohammed, noto terrorista pakistano – e chi ne racconta, come di un ricordo inossidabile. Il soggetto in questione è George Wolske, ex membro della marina, oggi 72enne, che si è sottoposto alla procedura ‘controllata’ – come veniva definita – all’età di 25 anni.
“È successo anni fa, ma è stata forse l’esperienza più feroce, violenta e segnante della mia vita“. “La breve introduzione (prevista dal programma di addestramento) è talmente intensa, così brutale sul piano mentale, per la persona che la subisce, che non te ne dimentichi mai più. Ti portano davvero al punto di pensare che annegherai.
Si tratta di pochi minuti. Ma è davvero così intenso e reale. Ti mettono su una tavola, in posizione supina. Ti legano, non puoi muoverti. Iniziano a versarti acqua in faccia. Ti finisce nel naso, non respiri più. In quel brevissimo istante, ti rendi conto che l’unica cosa che conta davvero nella vita è l’ossigeno. Puoi fare a meno di un mucchio di cose. Ma se non respiri, morirai“.
Prosegue, ‘il nostro: “Ad essere onesti, per circa tre settimane (di solito sono una persona molto pacata) dopo quell’esperienza, scattavo e mi agitavo al minimo rumore, o se qualcuno mi sfiorava o mi dava un colpetto. Ero sempre sulle spine“.
Ed arrivano, a supporto, ennesime testimonianze: “Era come morire soffocati dall’acqua, senza poter fare niente per fermarlo“, lo descrive Chris Jaco, ex pilota militare, sottoposto all’esercizio, nel lontano 1970. “Ricordo nitidamente – sono alto, ma non particolarmente grosso o forte – che cercai di togliermi quelle persone di dosso, perché mi sentivo sopraffatto. Quando stai soffocando, non pensi di certo: “Wow, è solo addestramento, devo capire cosa si prova.” In quel momento hai paura. Non puoi respirare. L’acqua ti si infila nella gola e nel naso“.
Gli fa eco Jeremy Shane, ex istruttore militare: “È stata l’esperienza peggiore che abbia mai vissuto. Perché, quando sei sottoposto a waterboarding, non fai che inalare acqua… E non c’è un modo per dire al tuo corpo che finirà. Il tuo corpo pensa che stai per annegare e smette di comportarsi in modo appropriato. E’ doloroso fisicamente. Vi sarà capitato di aspirare acqua dal naso, durante una nuotata. Nel waterboarding succede incessantemente, finché chi somministra la tortura non decide di smettere. I polmoni sono pieni di acqua, il cervello è in fiamme, la tua cavità nasale è in fiamme, la gola è tutta gonfia.“
Si unisce, a questa, la dichiarazione di Malcolm Nance, interrogatore in pensione: “Non è una simulazione. A meno che non vi abbiano legato ad una tavola, non abbiate sopportato la sensazione straziante dell’acqua che annulla il vostro riflesso faringeo, per poi sentire la gola che si apre, permettendo all’acqua di riempirvi i polmoni, non capirete mai cosa significa. E’ un soffocamento al rallentatore, che ti dà il tempo di immaginare l’inevitabilità del ‘black out’ e della morte, In genere, chi lo subisce ha un attacco isterico. Per gli inesperti è terribile da osservare e, inoltre, se qualcosa va storto può condurre a un’ipossia terminale. Quando somministrata in modo corretto è una vera e propria morte controllata.”
Personalmente, “Non sapevo cosa sarebbe accaduto, finché non ho sentito l’acqua riempirmi naso e gola. Poi, inizia a premere sulla trachea ed innesca un processo di alterazione respiratoria. È un’esperienza soverchiante, che induce terrore e scatena un istinto di sopravvivenza disperato“.
18 secondi e non uno di più, sono bastati al giornalista e ricercatore Chris Sampson che, alle prese con il suo documentario firmato BBC, ha volto provare l’esperienza in prima persona. “L’acqua inizia a riempirmi la cavità nasale, trasformandomi in un vaso comunicante. Passando per il naso, comincia a colpire la gola. In quel momento, mi si vede in preda alle convulsioni, mentre cerco di liberarmi dalla tavola. Quando si avvicina ad un punto critico, il mio cervello dice: “Vai a fare le tue negoziazioni da un’altra parte” e, in quel momento, mi si vede mentre dico: “Sì, sì sono un vigliacco.“
“Si tratta di una reazione folle. Se la domanda fosse stata: “Te ne vai in giro a lanciare bombe? Sei un membro di al Qaeda? Al mattino indossi un tutù?”, qualsiasi cosa ti chiedano obbedirai, perché è il naturale istinto di sopravvivenza a prendere il sopravvento.
Rigurgitai un bel po’ di acqua, aveva riempito le cavità nasali. La gola. Stava iniziando a colpire l’esofago. Non avevo alcuna relazione cognitiva con le cose che mi chiedevano, mentre accadeva“.
“Le mie orecchie iniziarono a fischiare, le luci a sfrecciarmi davanti agli occhi, mentre la forza veniva meno. Tuttavia, un attimo prima che perdessi i sensi, l’ufficiale ordinò: “Stop!“. Così, Charlie Thompson, ex aviatore navale, ripropone la personale avventura. “A quel punto – confessa – avrei raccontato di tutto. Anche di essere la reincarnazione di Jack lo Squartatore“.
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