Pronunci Vegan e leggi: rivoluzione
Tutti in fila. Dai vegetariani (5,8%) ai più oltranzisti vegani (2,4%) allineati, uno via l’altro, secondo le ultime tendenze, che li vogliono in costante aumento. Il Rapporto Italia 2021 di Eurispes racconta di cifre precise: l’8,2% dei nostri connazionali sceglie un’alimentazione a base vegetale. Numeri in crescita ovunque, che rappresentano la fotografia di un interesse, che sfiora, in quanto a dati, il + 500%.
Del resto, tra corsie dei supermercati e scaffali dei negozi invasi da prodotti pensati ‘ad hoc‘, dubbi che il fenomeno sia in espansione possono, poco o nulla, trovar adito. Dunque, sono numerose le Aziende che, occupandosi di tutt’altro, stanno operando una virata, per dedicarsi al business in questione e persino le roccaforti degli onnivori paiono sgretolarsi, soggiogate dal potere del plant-based.
Ecco, allora che, come al solito, sono le grandi Catene Americane di fast food, prima Burger King, di seguito McDonald’s, a dettare l’empio, appoggiandosi una a Impossible Foods e l’altra (forse) a Beyond Meat. E la copia degli originali Whopper e Big Mac è pronta, perfetta riproduzione, ma priva di carne. O, come meglio suona, con… la non carne.
Un cambio di passo significativo giacché, per i compratori d’Oltremanica, significa abdicare – letteralmente – ad uno stile di vita. Una svolta epocale, sponsorizzata persino dal New York Time che, provocatorio, si domanda se gli hamburger – quelli ‘veri’ – non siano a rischio di estinzione.
Ad incrementare il segnale, non meno di qualche settimana fa, l’annuncio, da parte della Nestlé, di essere riuscita a creare la versione vegana del KitKat. A completarne il nome, la V finale, marchio di un pensiero che, al momento, è disponibile solo nel Regno Unito, in Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Australia e Brasile e che, a quanto pare, ha richiesto una certa dose di fatica.
Leggenda vuole che la ricetta dell’iconica barretta, in vendita dall’agosto del 1935, rientri fra i segreti ancora inesplorati dell’universo cibo, un po’ al pari del famoso elenco di sostanze – tuttora sconosciuto – di cui si pregia la Coca Cola. Talmente riservata, che persino in Nestlé hanno fatto fatica a riprodurne gusto e consistenza, senza usare uova, burro e latte. Pare che, al risultato, si sia comunque giunti, combinando insieme riso, cacao, farina di frumento, fibra di mais, grassi vegetali, lecitina di girasole e aromi di vaniglia. Un intero anno – per farvi un’idea – di tentativi e sperimentazioni.
A sua volta, Dr. Pepper, ditta non particolarmente nota ma dal fatturato piuttosto redditizio: 11 miliardi di dollari l’anno, ha intenzione di sviluppare versioni vegan-friendly delle sue bibite e, affinché ciò avvenga, ha creato una divisione ad hoc, guidata niente meno che da Justin Whitmore, l’uomo – vale a dire – che fino alla primavera del 2021 era responsabile del reparto Alternative Protein di Tyson Foods, tra i più rinomati produttori di carne al mondo. Non c’è che dire.
E come non nominare Pepsi? Sta cercando, quest’ultima, di percorrere il medesimo cammino. A inizio 2021, la Compagnia ha stretto un accordo, nell’intenzione di interpretare una versione Diet della bevanda, must di produzione. Una PLANeT Partnership, che punta a sfruttare i due fenomeni commerciali del momento. Il già citato boom del cibo di origine vegetale e quello delle bibite in lattina, che stanno conoscendo, grazie probabilmente al lookdown, una seconda giovinezza.
Non è tutto: ormai da tempo, Starbucks offre opzioni veg per la colazione (anche salata) e l’arrivo del non-pollo ha spinto chi la storia l’ha fatta, come Kfc, che sulle crocchette ha costruito un impero, a lasciar spazio al cibo ‘alternativo’, all’interno dei propri menù. E chissà quanto manca, prima che sia disponibile un panino McChicken senza traccia di pollo, mentre già oggi si possono gustare salsicce composte da tutto, fuorché di carne di maiale, hotdog vegani e pure preparare la carbonara, che non contenga guanciale.
Addio Junk Food? Forse. Di certo, almeno qui in Italia, passi tutto, ma sarà difficile convincersi a rinunciare alla carbonara.
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