Bellezza: l’inesorabile corsa alla perfezione firmato Corea

Bellezza: l’inesorabile corsa alla perfezione firmato Corea

Quando si dice: ‘Bella…‘ Quando lo si dice, soprattutto di una donna. A tal proposito, di epoca in epoca, si è tentato di tracciare una serie di canoni a cui appellarsi. Così, ad esempio, nell’Antico Egitto. Poi tra i popoli della Mesopotamia e, più tardi, tra i Greci e i Romani. Sappiamo i tratti a cui erano tenute a rispondere le dame del Cinquecento e conosciamo la trasformazione radicale che, dal Rinascimento, ci ha condotte fino alla Rivoluzione sessuale del’68. Tonde e burrose, ci siamo ritrovate, a quel punto, efebiche, quasi mascoline.

Tant’è. Vera maestra di bellezza, riamane, in questo senso, la sfera Orientale del nostro Globo. La Corea può, a tutti gli effetti e ancora oggi, considerarsi trendsetter, qualora l’argomento in questione sia il beauty e i prodotti ad esso allegati. Dunque, appurato che Seul rimane Capitale della Cosmetica Mondiale, andiamo a visitarle nel dettaglio, le caratteristiche che si vuole distinguano le donne asiatiche.

Viso piccolo, occhi grandi, corpo sottile, tanto per cominciare. L’obiettivo, beninteso, è mostrare un aspetto perennemente giovane, che si distingua per i tratti delicati. Labbra carnose, mascella scolpita, carnagione priva di imperfezioni e naso a punta completeranno l’opera. Un’aspettativa di certo affascinante, ma altrettanto ambiziosa. Nessuna sorpresa – pertanto – nel constatare l’esigenza di far ricorso, in maniera sempre più considerevole, alla chirurgia plastica.

E pare che l’attributo degli occhi grandi sia, al momento, al primo posto. Quasi a rinnegare il famoso taglio a mandorla che, da sempre, caratterizza le abitanti del Sol Levante. E pure labbra prominenti e nasino alla francese costituiscono una combine piuttosto rara. Per cui, per venirne a capo, non restano che i filler a base di acido ialuronico, oppure la rinoplastica.

Poi c’è l’incarnato, eburneo e senza traccia di imperfezioni. Una vera e propria ossessione, giacché viene a combaciare con una sorta di status symbol, attribuzione, insieme, di potere e ricchezza. Ed ecco, la diffusione massiccia di prodotti per lo sbiancamento della pelle. Una recente indagine dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rivelato che quasi il 40% delle donne in Cina, Malesia, Filippine e Corea del Sud ne fa regolarmente uso, qualora non si ricorra, più ingenuamente, al filtro dello smartphone. E pure, altrettanto maniacale, è l’attenzione nei confronti della silhouette. E’ richiesta – anzi, pretesa – longilinea, filiforme, collettivamente idonea ad uno standard che non ammette chili di troppo e, si rende, pertanto, pericoloso.

Senza considerare l’inseguimento – indistintamente valida da una parte all’altra del mondo – all’imitazione di modelli, quantomeno controversi, se non impossibili da raggiungere. Abitudini, che si desumono dai Social per invadere il quotidiano e che, di per sé, non presentano nessuna reale convenienza.

E se qui da noi, la Body Positivity si sta ricavando via via strada, introducendo i concetti di inclusione e accettazione per le diversità, altrove c’è ancora tanto da fare. Il bisogno d’accettazione spinge a scelte quanto meno avventate e il desiderio di emancipazione stenta a convergere con quello di libertà intellettuale.

Bella, dicevamo all’inizio, e tutto quel comporta l’esserlo. Nella terra dei Ciliegi la tecnologia si arricchisce ogni giorno di nuove scoperte e ci dona inedite alchimie a cui far ricorso. E intanto, mentre si proietta in avanti, quasi per smacco, rimane indietro, paralizzata dalla sua stessa crescita. Imbrigliata in regole che, adesso, appaiono desuete e bisognosa, pure Lei, di scendere per una volta dalla cattedra e accomodarsi sui banchi, ad imparare qualcosina dalla Vecchia Società. Meno all’avanguardia, forse. Senza dubbio e pur con tutte le sue pecche, più umana.

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