L’aptamero? Ci salverà dal Covid

L’aptamero? Ci salverà dal Covid

Vogliamo guardare avanti che, a suon di pandemia, non ne possiamo davvero più. Così, a fronte dei dati e delle news, talvolta inquietanti, arriva, ora, la notizia – questa sì, rassicurante – di una tecnica, appena brevettata, che punta ad impedire l’ingresso nelle cellule, sia del virus SarsCoV2, sia delle sue varianti.

Una barriera – in sostanza – o, più semplicemente, una nuova strada, nella corsa ad arginare quello che potremmo definire il ‘male del secolo’.

Di fatto, lo studio è stato di recente pubblicato sulla rivista Pharmacological Research e il risultato è frutto della collaborazione fra Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), Scuola Superiore Sant’Anna e Università di Milano.

L’obiettivo è – indubbiamente – ottenere una nuova generazione di farmaci anti-Covid, diversi dai vaccini e dagli anticorpi monoclonali, nel giro, possibilmente, di due anni. E, le novità, già si contano.

In primo luogo, va considerato l’altissimo livello di precisione su cui si basa la ricerca; dall’altro, l’avere spostato l’attenzione dalle caratteristiche del virus e della sua proteina Spike, alla via d’ingresso che il SarsCoV2 utilizza per entrare nelle cellule, ossia il recettore Ace2. Un modo più automatico, questo, per riuscire a bloccare le varianti.

I FILAMENTI PIU’ PREZIOSI CHE CI SIANO

Il punto di partenza sono stati, per l’appunto, i filamenti di acidi nucleici, chiamati aptameri, capaci di legarsi a molecole e proteine. Con l’aiuto del computer, gli scienziati ne hanno individuati due, che interagiscono anche con una delle chiavi molecolari del virus. Se il filamento di acido nucleico occupa la serratura usata dal virus, quest’ultimo non può – in pratica – azionare la sua chiave e, di conseguenza, non riesce a penetrare nella cellula.

Si tratta, in sintesi, di vere e proprie “mascherine, per le cellule attaccate dal virus“, osserva chi ne sa. “Per farli diventare un farmaco” – si prosegue – “dovremo rendere stabili queste macromolecole, in modo che possano distribuirsi nei tessuti bersaglio e dimostrare la sicurezza del trattamento“.

QUESTIONE DI INVESTIMENTI

Ovvio che sviluppare un nuovo farmaco richieda tempi lunghi, ma “gli aptameri di Dna offrono diversi vantaggi rispetto a un farmaco convenzionale e hanno tempi di produzione più veloci“. Inoltre, “questa pandemia ci ha insegnato che se tutti gli sforzi… convergono, i tempi possono essere ulteriormente abbattuti“.

L’obiettivo, “è dare al medico una soluzione farmacologica per trattare il Covid-19, anche nelle sue forme più gravi“. Non solo, “la scelta dell’aptamero di Dna va anche nella direzione di non sollecitare oltre il nostro Sistema Immunitario, come potrebbe fare una proteina“.

Dunque, il percorso è avviato. Non resta, ora, che investire energie e risorse, affinché si renda il più rapido possibile.

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