“Il segreto del Panettone perfetto? Non esiste”… e se lo dice Lui
Secondo alcuni è The Sweetman; chi, più semplicemente, lo vede come “l’uomo che sussurra ai Panettoni“. Fatto sta che Iginio Massari è riuscito, negli anni, a sedurre proprio tutti, aggiudicandosi lo scettro Nazionale, in materia di arte dolciaria. E, dall’alto del podio, lo agita, dispensando giudizi e consigli, tra ghiotte promozioni e clamorose bocciature. Non ultima, quella della torta Sacher.
Tant’è, una tra sue specialità più apprezzate rimane il Panettone. Basti pensare che a Natale, fuori dalla sua bottega si configura una coda infinita, pur di acquistare l’ambito lievitato. Talmente prelibato, a quanto pare, che in quel di Napoli ne circola persino una versione pezzotta, custodita in una sontuosa scatola nero-oro su cui campeggia la sua firma. Insomma, farlocco d’alto lignaggio, proprio come capita alle griffe di Alta Moda. Del resto, “ogni anno – dichiara in prima persona – riesco a soddisfare solo una piccola percentuale delle richieste che ricevo”. Dunque, con lo spirito che ci appartiene da sempre… di necessità virtù.
Ma stando alle parole del Maestro, quando si tratta del prodotto in questione, c’è davvero tanto da dire, a partire dal fatto che, a sua stessa detta, “non esiste il segreto per un prodotto perfetto“. Sarà proprio così?
Certo, per i Milanesi, “è il dolce che simboleggia la tradizione natalizia, il focolare, la famiglia e infine l’amore. Perché è un dolce che viene sempre condiviso e la condivisione è la cosa più bella che c’è“. Personalmente, la butta là ironica, ma neppure troppo, “è la sfida nel dominare la fermentazione e non essere dominati“.
Il mio primo esperimento, ricorda, lo feci assai giovane. “E’ una sfida che mi ha sempre affascinato, perché è molto complessa e non bisogna mai accontentarsi“. Riguardo, poi, alle riletture contemporanee della produzione più originale: “Pensare al Panettone e a come è nato vuol dire non mangiarlo più. Una volta i prodotti erano molto poveri, c’era poco condimento, uova quasi inesistenti. Le termiche erano totalmente diverse. I forni di oggi permettono una cottura uniforme. Poi ci sono molti che lo vorrebbero ancora come una volta. Ma chi non accetta l’innovazione non accetta il progresso“.
Un dolce non al passo con i tempi? “La Sacher“, sentenzia. “È nata a Vienna. 120 anni fa andava bene, adesso è un dolce troppo dolce, perché ci sono i frigo. Una volta non c’erano e la conservazione la si faceva attraverso lo zucchero. Oggi ci sono altri elementi, altre tecnologie, altre conoscenze e la torta è vecchia. La gente la Sacher la mangia solo perché va una volta a Vienna ma, spesso, non la mangia tutta, perché è stomachevole“.
E, ritornando al simbolo della tavola Natalizia, “oggi si mangia quasi tutto l’anno. E’ curioso constatare che l’Azienda più grande, a livello di produzione, non si trovi in Italia, ma in Brasile. Il motivo? A San Paolo il Panettone non è ancora stato codificato come preparato natalizio, quindi è un dolce che consumano tutto l’anno“.
Se gli si domanda quale dolce vorrebbe provare, trovandosi in pasticceria, “assaggerei una millefoglie“, risponde. “Perché, essendo un dolce molto semplice l’errore è sempre dietro l’angolo“. Del resto, è Lui stesso a rivelare che “non ho un cavallo di battaglia, perché avere un cavallo di battaglia significa avere una specialità e chi ha una specialità non sa fare nient’altro che quello“.
Disarmante, come ci ha abituati. E, se si ritenta sull’argomento Panettone perfetto, riconferma: “Non esiste. Basta avere le competenze per farlo bene. È un lavoro in cui, soprattutto, bisogna avere sempre lo spirito dell’autocritica. Non dire “Bravo!” e fermarsi lì. Ma cercare di far sempre meglio il giorno dopo“.
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