Dismorfofobia: l’handicap di una perfezione che non esiste

Dismorfofobia: l’handicap di una perfezione che non esiste

Chi, almeno una volta, non è stato tentato di aggiungere un filtro ad una foto, modificando quel tanto di occhiaie, discromie, brufoli e imperfezioni di varia natura? Banalità, vero. Vanità. Eppure l’insicurezza sa rendersi, spesso, una nemica silenziosa e insidiosa. Tentiamo di farci forza, rivoluzionando ciò che, ai nostri stessi occhi, si manifesta come un difetto. E sia.

Tuttavia, la necessità di aderire a standard di perfezione irraggiungibile, imposti da chissà chi, rischia di fuorviarci e prevaricare il riscontro che riceviamo di noi.

ISTANTANEE KILLER

Chiamasi, l’eccesso di preoccupazione legata ai tratti del proprio corpo, dismorfofobia. Sorta di accanimento ossessivo, tale da spingere chi ne soffre a ricorrere alla chirurgia estetica pur di migliorare un aspetto che, assai probabilmente, non ne richiede motivo. Lo stesso piacere, in sostanza, ricavato tramite il filtro dei Social, viene affidato al bisturi, raccontando di un malessere che, basato sull’ossessione per l’apparenza, trova le sue radici assai più in profondità. E che, davvero, non va assecondato.

Se siete dell’idea che solo pochissime persone siano vittime di questa variazione di un incubo, aspettate di conoscere, al riguardo, il resoconto dei dati. Circa l’85% delle ragazze utilizza filtri per rielaborare la propria immagine, sin dai 13 anni. Si camuffa, per così dire, prima di pubblicare le rispettive foto. Così facendo, brufoli e quant’altro vengono rimossi. Cancellato, quasi si trattasse di un’evidenza da nascondere, con il risultato di riservare all’effimero un’attenzione, a dir poco patologica.

E, per qualcosa che si nasconde, altro si aggiunge, pregiudicando una realtà che non si riesce proprio a mandar giù e convogliandosi in direzione di una preoccupante forma di massificazione in cui occhi, bocca, zigomi… diventano indistinguibili gli uni dagli altri.

CIFRE CHE DESTANO PAURA

A destare ansia, soprattutto, è l’aumento dei cosiddetti ritocchi da selfie, vale a dire interventi, mirati a migliorare la propria resa negli scatti fotografici. E se i numeri parlano di una fascia, quella maggiormente colpita, che va dai 18 ai 35 anni, fattore già allarmante di per sé, ancor più grave è che, in molti, indichino la risultanza delle foto coadiuvate da filtro come il progetto a cui tendere, financo nel quotidiano.

Un problema, che va oltre la semplice omologazione e che riguarda anche la salute delle pazienti. Nelle giovanissime, oltretutto – spiegano gli esperti – procedere con iniezioni sistematiche non è salutare, neppure dal punto di vista psicologico. I cambiamenti possono rivelarsi irreversibili e di taluni stravolgimenti ci si potrebbe, in seguito, anche pentire.

Soluzione? L’unica strada, percorribile e di facile individuazione, è quella che conduce all’accettazione di sé. Passo passo, grazie ad un’attenta valutazione della propria persona e personalità, imparare a concentrarsi sul bello, valorizzando i punti chiave e limando, per quanto possibile, fragilità e debolezze. Puntare, in parole povere, al concetto di unicità, dove non si parla più di pregi e/o difetti, bensì di caratteristiche e originalità. Un dono, da salvaguardare, tutelare, conservare, in memoria e in rispetto del bagaglio che ci portiamo appresso.

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