A Roma, la prima esperienza culinaria ‘para compartir’
La filosofa è quella della condivisione, traslata dalle tapasserie storiche di Valencia, fino ai vicoli della Capitale. Quelli storici, che fanno capo a Campo de’ Fiori. E’ qui che romani e turisti possono immergersi nell’atmosfera del para compartir.
Untitled 53: questo è il nome del Bites & Wines, situato in Via del Monte della Farina 53.
“Oltre la dimensione della porzione” esiste, da queste parti, una dimensione fatta di “colori, la fusione dei sapori, la sensazione che si tratti di una sorta di gioco fatto insieme, mentre si è al tavolo“. Ce lo suggerisce Cecilia Moro, proprietaria del ristorante.
Si va quindi dai piccoli assaggi in formato tapas, i morsetti, alle porzioni intere, i cosiddetti morsi, fino ai menù degustazione, più o meno lunghi e complessi. Un Viaggio, in sostanza, che può rivelarsi breve (35€), oppure , in alternativa il Percorso della Chef, che spazia fra piatti di carne, pesce e verdure (50€). Il tutto, in un ambiente moderno e intimo, che si snoda fra la sala, che prevede circa 24 coperti e il dehors, che ne accoglie una quindicina. A questo, si aggiunge una saletta da massimo 6 persone al piano inferiore, riservata agli eventi privati.
Il tratto di chi gestisce il locale è la passione – evidente – per le escursioni oltre confine, la voglia di aprirsi alle contaminazioni. E’ da queste, in effetti, “che nascono idee nuove, commistioni vincenti, evoluzioni. Se il viaggio sono i viaggiatori, il biglietto sarà un piatto ed un calice“. L’impostazione, dal canto suo, rimane friendly. Il racconto rimane vincente senza, tuttavia, la necessità di mostrarsi eccessivamente accademici.
Una cucina di sapori autentici, insomma che, pur partendo dalla tradizione, osa nel prendersi tutta una serie di licenze poetiche. Eresie? E’ da vedere. Intanto, il menù racconta di Cacio e pepe iodata con brodo di anguilla affumicata, bottarga e zest di limone o Dumpling di coda alla vaccinara, immaginario itinerario fra Roma e Shangai.
Non è da meno il Carciofo alla Giudia con matcha, alici e ajoli che si muove dal Ghetto di Roma al Giappone e alla Spagna; mentre gli Agnolotti del Plin al tovagliolo ripieni di sugo all’amatriciana, rappresentano un Roma-Torino senza fermate. E ancora piatti di pesce come il Salmone Upstream teriyaki flambè, rapa rossa, mela Granny Smith e kefir oppure il Tacos con polpo, patata, paprika e la sua maionese, ma anche i classici intoccabili, come la Carbonara, o le selezioni golose come il Tagliere dei salumi e quello dei formaggi.
Nessuna definizione, neanche per quanto riguarda gli orari. Si apre nel primo pomeriggio o nella tarda mattina della domenica. I clienti vengono, quindi, accolti in qualsiasi ora e con qualsiasi intenzione.
C’è chi si ferma ‘solo’ per degustare un calice, bere una bottiglia, affiancare al vino o alle birre qualche assaggio echi decide di concedersi una cena completa. E, anche riguardo alla selezione dei vini e la scelta delle materie prime, non c’è che dire.
Per le selezioni di vino, birra artigianale e spirits, Mariangela si è divertita nel curiosare nelle “Tutti i nostri fornitori – si garantisce –, sia in ambito di food che beverage, sono selezionati secondo criteri che rispondono sia alla qualità, sia alla tematica dell’etica, a noi molto cara“.
E, ovviamente, un occhio anche al prezzo, per un consumo sostenibile, sì, ma anche accessibile.
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