Ma ci ha davvero fatto ridere questo Lol?

Ma ci ha davvero fatto ridere questo Lol?

E’ più facile commuovere che far ridere. Poco, ma sicuro. Dunque, chi si avventura nell’impresa dovrebbe, in pratica, possedere la forza di un titano. Padroneggiare un’arte e, insieme, la consapevolezza, nel sapere come, al meglio, adoperarla.

Un tesoro, che si snoda nel far satira sul mondo e sulla realtà in un’epoca, quella del politicamente corretto, in cui incamminarsi corrisponde ad immergersi in un territorio, impervio e irto di ostacoli.

Sfida accettata da chi ha deciso di partecipare ad uno tra gli appuntamenti comici più attesi del nuovo anno. Un gruppo di maestri dell’umorismo, che si ritrovano di fronte alle telecamere, per un game show in cui ridere è proibito.

Stiamo parlando, naturalmente, di LOL: chi ride è fuori. Il reality di Amazon Prime Video, consacrato successo già in Australia, in Germania e in America. Qui da noi, a guidare le redini del carrozzone c’è Fedez, in raduno con un gruppo di attori e comici, in un’arena dove tutto – lo abbiamo detto – è possibile.

Battuta contro battuta, sketch contro sketch, LOL è un programma privo di copione, una boccata di aria fresca, a fronte dell’invasione di talent presente in tv. Schietto, tanto da indossare le sembianze di fenomeno di massa, almeno nel corso della sua prima e fulminante stagione.

Un successo premeditato? Forse, tant’è che è in prospetto una terza volta. Eppure, nonostante le premesse, il secondo capitolo – tocca ammetterlo – non si è rivelato pungente come il precedente. Si ride a tratti. In compenso, si riflette, riguardo allo stato della nostra comicità.

Così, troviamo radunati nel medesimo angusto spazio, Virginia Raffaele, Diana del Bufalo, Maccio Capatonda, Maria Di Biase, Corrado Guzzanti, Alice Mangione, Max Angioni, Mago Forest, Tess Masazza e Gianmarco Pozzoli. Un cast di tutto rispetto che, sulla carta, ha funzionato benissimo, ma i momenti da antologia – a ben guardare – sono stati davvero sparuti. Brevi attimi di grasse risate. Niente a che vedere con Lillo ed Elio del cast precedente.

Dire che il format arriva al momento giusto, in concomitanza con un Covid che, finalmente e per fortuna, pare voler levare le tende. E invece no. Quest’anno l’attesa non è stata ripagata. Chissà per quale occulta ragione, latita quel tanto di verace che, per scatenare una sana risata serve. Di più, è necessario. O meglio, nelle sei ore di trasmissione si rintracciano battute e gag che hanno funzionato a dovere, ma è poco quel che resta. Lo si nota, anche solo analizzando l’impatto che lo spettacolo ha avuto sui Social, assai meno dirompente delle aspettative.

Non tutte le ciambelle riescono con il buco? Magari sì. Magari è proprio così. Il difetto, almeno nel caso in questione, è forse nella mancanza ad osare, nell’incapacità di proporre qualcosa di nuovo, nel voler rassicurare, prima di tutto, se stessi. Basti valutare il fatto di aver ‘riciclato’ Lillo e Matano, nella veste di disturbatori.

Un modo per camminare su un terreno sicuro, già scritto. La maniera per non sbandare, ma quando si fa cabaret non si può non rischiare. Non è ammissibile non buttarsi. L’ambizione risiede in quel briciolo di follia che, evidentemente, più o meno coscienti, in queste ribadite sei ore è venuta a mancare. L’abbiamo cercata, un po’ ansiosi. La stiamo ancora tutti aspettando. Loro, un pizzico maldestri, devono essersela dimenticata a casa.

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