Olga e Roman: storia di due come tanti… o forse no
C’erano, una volta, i primi, vale dire Caino e Abele. Altrettanto scalpore fecero, per ragioni differenti e in un momento assai diverso, Bonnie&Clide. Coppie, insomma, e ce ne sono parecchie che – ciascuna, a suo tempo e a modo proprio – hanno saputo distinguersi, nel corso dei secoli, per identità, per carattere, per aver compiuto gesta o imprese, più o meno eroiche.
E, poi, ci sono loro, figli di questi giorni infelici che stiamo attraversando. Prodotto, pure, dell’era della comunicazione rapida, veloce, talvolta insensata. Così può accadere – ed accade – di intercettare una conversazione tra marito e moglie e quella che dovrebbe, in teoria, identificarsi come la descrizione di un ‘comune’ ménage familiare finisce, invece, per assomigliare assai da vicino a qualcosa di atroce. E raccapricciante.
Così Lei, Olga. “Vai, amore, stupra le donne ucraine, va bene. Ma usa il preservativo, mi raccomando“. Premura di moglie? E ancora: “Ok, amore, va bene. Vai e stupra le ucraine. Poi non raccontarmi niente, d’accordo?” E Lui, di rimando, persino un po’smarrito, che gli uomini, – è risaputo – sono sempre più ingenuotti: “Non devo raccontartelo?“. “No, così io non so niente“, controbatte la donna. “Ma davvero posso?“, gli fa nuovamente eco Roman, incredulo e ‘grato’, di fronte all’inaspettata deroga dalle responsabilità coniugali. Che poi, fosse quello il problema…
Bene. Se si trattasse di una serie Tv, sarebbe – con ogni probabilità – di quelle imperdibili. Invece qui si racconta la realtà, più triste e meschinetta.
Lo scorso 12 aprile i servizi segreti ucraini hanno diffuso la conversazione tra il soldato russo con la moglie e ci si è subito resi conto che nulla aveva a che fare con una eventuale propaganda. No. Qui si stava recitando un copione, basato su fatti concreti. E che fatti.
Quelli che riguardano Roman e Olga, due bei ragazzi russi, con un bimbo di 5 anni al seguito. Lui ha 26 anni, arrivano dalla provincia russa di Orël, lungo l’autostrada da Mosca a Kharkiv, ma dal 2018 vivono in Crimea. Dunque, lo sposo, che stava combattendo nella zona di Kherson, è stato ferito e ricoverato in ospedale.
Ebbene, prima che si cancellassero dai Social, si è riusciti a ricostruire il puzzle della loro storia. Una qualunque, uguale – si fa per dire – a migliaia di altre. Le foto, d’altronde, altro non sono che lo stralcio di un quotidiano felice. Non mancano la fatica di trovare un’estetista, gli scherzi tra commilitoni. Insomma, l’istantanea del momento storico a cui apparteniamo. Ma questo era – lo abbiamo sottolineato – prima.
Da settimane, Kiev accusa gli invasori dello stupro, perpetrato, su donne, uomini, bambini. Raccoglie denunce e se ne contano tante. Davvero troppe, nel 2022. Nessuno sa se Roman abbia, poi, avuto la viltà di usare l’impunità dell’invasore in armi per violentare le sue vittime. Ma, in fondo, che importa? Perché alcuni gesti non hanno bisogno di trovare ‘carne’ per risultare malvagi. Sono terribili, nell’attimo stesso in cui diventano prassi. Abominevoli e immorali, perché gratuiti, al di là della guerra stessa e giacché si pretende si farli passare come parte integrante del combattimento.
Non possiamo sapere cosa abbia scelto di fare Roman né, introspettivamente, cosa abbia agitato il suo animo. Tuttavia, ci ritorna alla memoria – noi che abbiamo qualche anno – un film, che poi è patrimonio della cultura Nazionale. Una pellicola del 1960, regia di Vittorio De Sica, interpreti Sophia Loren e Jean Paul Belmondo e non è difficile capire di cosa stiamo parlando), emblema di un passato che ci sembra, ora, tanto vicino… e, di fronte all’apparente libertà del ragazzo di ‘poterlo fare’, a fianco della velleità, motivata dalla tracotanza, ci rammentiamo di come tutto sia già successo, in mille altre occasioni e identico a se stesso. Di come rimanga ugualmente schifoso. Di come non si sia in grado di imparare, nonostante tutto, nonostante la comunicazione intermediale. Nonostante il mondo ci sia a portata di mano ma, evidentemente, non di cuore. Neppure ora.
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