Come è misterioso ed enigmatico l’Egitto…
C’è chi la conosce come Grande Piramide di Giza o Piramide di Khufu; per i più, rimane la Piramide di Cheope, immensa costruzione situata – per l’appunto – presso la necropoli di Giza, poco distante da Il Cairo. Considerata tra le meraviglie del mondo antico rimane, di certo, tra le più datate e meglio conservate.
L’intero complesso, del resto, è costituito da più di due milioni di blocchi, ‘posati’ in un arco temporale, che si distribuisce tra i 15 e i 30 anni. Stando a quanto sostengono gli archeologi, dunque, sarebbe, quest’ultima, la risoluzione di un lavoro, inarrestabile e certosino, in cui ogni blocco sarebbe stato posizionato in un lasso di tempo di tre minuti.
Un fitto rebus…
Con ogni probabilità, si tratterebbe del sepolcro-mausoleo del faraone omonimo, appartenente alla IV dinastia, al comando, attorno al 2560 a.C., opera dell’architetto Hemiunu. Ad ogni modo, l’edificio è ancora avvolto dal mistero. Al di là delle teorie ufficiali sono, infatti, numerosi gli studiosi, alle prese con ipotesi affascinanti, non smentite, ma neppure certe.
Alta circa 146 metri, anche se oggi la dimensione è decisamente ridimensionata, per via degli agenti atmosferici che l’hanno colpita per più di quattromila anni, i lati misurano, rispettivamente, intorno ai 230 metri. Una fabbricazione che, nel complesso, consta di oltre due milioni e trecentomila pietre, del peso di due tonnellate ciascuna. Non accessibile dall’esterno, al suo interno presenta un percorso labirintico, attraverso il quale è possibile accedere alle stanze funerarie. La cella destinata al faraone è collocata alla base, in posizione quasi centrale e sormontata da nove monoliti in granito.
E se l’esterno doveva essere ricoperto da lastre di lucente calcare bianco, alla sommità era posto – evidentemente – il pyramidion, ovvero una punta di granito laccata di elettro (lega di oro, argento e rame) che, colpita dal Sole, ne rifletteva i raggi.
La rete del tempo al servizio di un fascino indiscusso
Un vero e proprio prodigio d’ingegneria antica, che non ha mai smesso di destare curiosità. Il primo ad esserne attratto fu – storia racconta – Erodoto di Alicarnasso, giunto in Egitto, in cerca di materiale da aggiungere alle sue Storie. Successivamente – e con intenzioni di gran lunga meno nobili – il califfo al-Ma’mūn tentò di saccheggiarla, nell’820 d.C., con risultati piuttosto irrisori. Nuovo interesse si riaccese in periodo di umanesimo. Eruditi illustri, al pari di Ciriaco d’Ancona, ispirati anche dalle descrizioni di Erodoto, tornarono sul posto, per verificare di persona le dichiarazioni dello studioso. Tuttavia, furono solo le guerre napoleoniche a rendere la meta in questione tra le più ambite del turismo europeo, alla stregua di un feticcio, di rara bellezza e nobiltà.
Tra le note, insolite, da sottolineare, la totale assenza di decorazioni: i muri interni non presentavano geroglifici, tali da far pensare ad una funzione funeraria, né lo lasciavano supporre le dimensioni, sproporzionate.
Ad ogni modo, la Piramide era solo uno tra gli elementi compresi nell’intero complesso. Accanto, sorgeva un tempio riservato al culto del sovrano e posizionato ad est, unito – a sua volta – ad un ulteriore tempio, a valle, per il tramite di una rampa processionale. Tutto attorno correva, poi, il peribolo: un muro, atto a dividere l’area sacra da quella profana.
Per finire, una serie di piramidi secondarie ed una satellite, direttamente dipendente dalla principale. Frutto, quest’ultima considerazione, al pari delle precedenti, delle analisi derivate dall’approfondimento sulle fondamenta ancora visibili e su niente altro.
Con largo spazio, ancora, a supposizioni, teorie e quanto possa alimentare il racconto di un enigma, che non accenna a perdere il suo sapore di leggenda.
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