Sissi: traduzione di un’Imperatrice sopra le righe…
Elisabetta di Baviera torna a far parlare di sé. Sissi – come la conosce il grande pubblico, incoronata Imperatrice d’Austria, ha indossato i panni – pure – di Star mediatica, attraverso l’interpretazione che, di Lei, ci ha offerto, a suo tempo, Romy Schneider. L’immagine di una principessa romantica, ai limiti del fiabesco.
Diversa la storia – e più cruda – quando si torna alla realtà e quest’autunno, per l’appunto – sarà Sissi-mania, tra film, serie tv e libri, pronti a rivelare retroscena e lati oscuri di una personalità, evidentemente, non abbastanza approfondita.
Così, dal 7 dicembre, dopo il debutto a Cannes, nelle sale cinematografiche sbarca Il vestito dell’imperatrice, di Marie Kreutzer. La pellicola, diversamente da quanto fatto finora, mette a nudo le idiosincrasie di un donna ribelle, inquieta, refrattaria alle regole, piena di ossessioni. La figura dell’ingenua sedicenne che sposa, per amore, Francesco Giuseppe e sforna quattro eredi (due moriranno, mentre lei ancora è in vita), lascia ben presto il posto ad un animo indurito dagli anni trascorsi a Vienna; esacerbato dal rapporto con la suocera; insoddisfatto, di quello intrapreso con i suoi cortigiani, che la trattano con disprezzo. Vive, soffocata nel suo corsetto, (il titolo originale – non a caso – è Corsage) che, ogni giorno, si ostina a far stringere fino a non respirare, per raggiungere i 45 centimetri di girovita. Sovrana, eppure, allo stesso tempo, vittima di body-shaming.
La prima, chissà, a subirne gli effetti e a riportarne, addosso, le conseguenze, doverosamente costretta in un’apparenza che la pretende bella, magra, giovane. Sempre e a tutti i costi.
La trama, dunque, prende le mosse dal 1877, momento in cui la nostra festeggia il 40esimo anno di età. Principiare, verso un cammino di declino. È devastata dai disturbi alimentari e da un susseguirsi di cure dimagranti, drastiche – a base di arance e brodo di manzo. Ossessionata dall’attività fisica, fa installare anelli, pesi e sbarre in tutte le sue residenze. Divorata dalla gelosia, per i continui tradimenti del marito, che la conducono a flirtare con illustri sconosciuti è rosa, non di meno, da fantasie suicide. Si sente profondamente infelice, al pari – come non effettuare il paragone? – di una più moderna Lady Diana.
Un personaggio, quello di Elisabetta, scioccante e pressoché anacronistico. Si masturba in bagno, fuma, assume eroina e definisce – persino – il marito un c..e. Sorta di femminista postmoderna, ella decide di scendere dal piedistallo, per rivelarsi, in tutta la sua efficacia, da essere umano.
“Il film è una terapia shock, che ha liberato Sissi dalla Romyschneiderizzazione“, contemperato dalla serie, pure, uscita su Netflix, a fine settembre.
Qui, l’esplorazione si sposta sul nascere della passione tra la giovane duchessa bavarese e l’Imperatore, cugini di primo grado e, per questo, obbligati a chiedere un permesso speciale per unirsi in matrimonio. Un sentimento fulminante, avvilito, tuttavia, dagli intrighi di chi le era attorno e da una schiera di nemici, atti ad avvelenarlo.
Si attende, poi, la traduzione del musical Elisabeth che, in Germania e all’estero, tra il 1992 e il 2019, ha attirato più di 10 milioni di spettatori; in special modo in Giappone dove, per Sissi, si nutre un vero culto.
È, inoltre, appena uscito in libreria, sempre in Germania, il romanzo Sissi di Karen Duve (per Galiani Berlin). L’autrice identifica la protagonista come la prima icona femminista del XIX secolo, troppo avanti per propri tempi, eppure ancora sottovalutata. Duve ne illustra le attitudini e le stravaganze e ne sottolinea l’ambiguo interesse per la nipote diciottenne, Marie Wallersee, con cui entra in competizione nel gioco alla femme fatale.
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