Anorak: passepartout, urbano e non
C’è chi, semplicemente, la definisce ‘giacca a vento‘.
Beh, se non amate fermarvi alle apparenze, sappiate, allora che, in origine, veniva confezionato dalle popolazioni del Nord, con pellame e grasso di balena.
Con lo scoccare, poi, della seconda metà del ‘900, l’Anorak si fece spazio al grande pubblico, in materiali naturali come la lana o sintetici, come il nylon, riscuotendo, sin dall’immediato, un notevole successo.
In effetti, tra i capispalla è, di certo, considerato versatile, utile in montagna come in città; perfetta sintesi di libertà di movimento e stile.
Associato, spesso, al Parka, racconta, tuttavia, una storia a sé. Fu opera – per chi non ne fosse al corrente – degli Inuit, realizzato con le pelli di foca e di renna, rese impermeabili attraverso un preciso trattamento. Da sempre provvisto di cappuccio, veniva – inoltre – cucito tramite l’ausilio di denti di squalo, usati a mo’ di ago. È facile intuire, dunque, come l’estrema resistenza risulti, tra le caratteristiche preminenti.
Da allora, è chiaro, i codici si sono in gran parte riscritti. Del resto, le condizioni atmosferiche più benevole e la necessità di produrne in grandi quantità lo hanno – per così dire – reso più snello, semplice da realizzare e, soprattutto, leggero. Prima di comparire nei più recenti tessuti tecnici, però, l’indumento ha visto passare su di sé, nell’ordine, feltro, lana e cotone, spesso imbottiti con pelliccia o piume d’oca. In seguito, è stata la volta delle zip, per aumentarne la praticità e farne un più largo uso.
Inderogabile, oggi come ieri, la necessità, nell’indossare il capo, di proteggersi dal freddo e, perciò, rimane prediletto dagli sportivi, appassionati – magari – di sci o escursioni tra le vette innevate. Ugualmente, si è reso un must per gli esploratori delle regioni artiche e antartiche. Addirittura, non mancano testimonianze fotografiche relative ai protagonisti della caccia all’oro avvenuta nel Klondike, territorio a nord-ovest del Canada. Solo così si spiega come questi pionieri abbiano potuto resistere alle temperature, abbondantemente sotto lo zero. Lo abbiamo visto protagonista, persino durante gli eventi bellici. Nello scontro – ad esempio – tra l’Armata Rossa e il piccolo esercito finlandese, nella Guerra d’Inverno (1939- ’40).
Infine, mantiene attualmente il suo standard di punto di riferimento nel tempo libero, di svago, di lavoro… elemento urban, praticamente intramontabile.
Gli elementi di cui tener conto per una scelta personalizzata?
- Stagione e luogo di utilizzo, che imporrà una maggiore o minore pesantezza dell’imbottitura
- Gusto personale, che permetterà di orientarsi tra colori, fantasie e forme
Va da sé che, per gli inverni rigidi, sarà necessario scegliere modelli più lunghi e caldi, corredati da un pile o da una eco-pelliccia interna; per le mezze stagioni, invece, saranno perfette versioni, il cui compito sarà di proteggere dagli improvvisi acquazzoni.
Sei, poi, in verde militare o kaki, in compagnia di jeans, t-shirt oversize girocollo, felpe morbide e sneakers sarà una vera e propria overture di energia. Diversamente, per circostanze più formali, in tinta neutra come il blu navy, da abbinare ad outfit più eleganti o dal tono classico risulterà la chiave, in una selezione mirata.
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