Peter Niers: stregone terribile dei temi che furono…
Maestro nelle arti oscure, killer seriale, persino impegnato in rituali cannibalistici. Di me si è detto di tutto. E, molto, si è inventato. Probabilmente, poiché è complicato rintracciare la storia di un ragazzo nato intorno – pare, sembra, forse… – al 1540, in Germania, senza sapere, nello specifico, niente altro. Tant’è, c’è chi mi chiama Peter Niers; chi mi conosce come Peter Nirsch, Niersch, Nyers o Nyersch. Cambiano gli accenti, in fondo, ma il senso, quello, rimane invariato.
Sapete cosa sanno? E’ certo che io sia nato povero e abbia vissuto la rivolta nota come “guerra dei contadini” che, almeno, fornisce la definizione di una data; 1525. Fu allora che sfidammo il sistema feudale in favore della servitù. Pensate, affrontammo anche questioni di disparità economica e libertà religiosa.
Fummo coraggiosi, ecco tutto ma, per quel che mi riguarda, mi attribuirono l’appellativo di violento. Sciocchi. Sciocchi tutti. Banditi, ci dicevano.
Va bene, vagavamo attraverso le contrade e derubavamo i viaggiatori, ma che c’è di strano, in questo? Dovevamo pur sopravvivere. La mia banda, in particolare, proveniva dall’Alsazia e pare che, a farmi da mentore, sia stato un tale, un certo pastore, Martin Stier. Ci trasformò; anzi, ci cesellò, noi 48, alla stregua – secondo molti – di una banda criminale.
Credete quel che vi pare. Di fatto, io vado fiero dei miei 22 anni di attività. Fui giustiziato, sì, nel 1581. Che importa, nel frattempo avevo conquistato, a modo mio, la Renania e la Baviera e il mio nome, con timore, si sussurrava in tutta Europa. Vanità? A me sembra un gran successo!
Rapine, stupri, omicidi… mi hanno attribuito di tutto. Mi hanno reso loro… una leggenda. E guardate che mi hanno preso solo perché, a denunciarmi, fu uno tra i miei complici. Oh, non un infame, come lo appellerebbero oggi, bensì un codardo. Fragile… fu torturato, così spifferò ogni cosa. Cominciò a raccontare dei numerosi omicidi e delle donne scomparse… che volete.
Mi imprigionarono, ma figuratevi se avrei accettato di rimanere inerte, al di là delle sbarre. Fuggii, incrementando ulteriormente i racconti a mio carico. Pare che molto scrisse, riguardo al mio profilo, Johann Wick. Un bel daffare… la sua penna si rese prolifica, sull’argomento, dal 1577 al 1582 , con buona pace… persino mia. I suoi opuscoli erano paragonabili a dettagliate cronache criminali. Sorta di blog ante litteram, in cui si narrava che avessi evocato il Diavolo, addirittura, per commettere le mie nefaste azioni.
Si prese, così, a parlare di abilità soprannaturali, di magia nera… pratiche oscure, che mi rendevano, agli occhi dei più, solo più potente. Si raccontava, ad esempio, che bruciando candele fatte di pelle e grasso di feto sapessi rendermi invisibile; che nutrendomi di feti riuscissi a mimetizzarmi in animali, pietre… persino tronchi d’albero. Tra le tante azioni turpi rientrava pure amputare i seni, divorare il cuore dei bambini… chissà quante altre cose ancora, che neppure io so.
Se mi dispiace? No, anzi. Mi diverte. Ero camaleontico, questo sì. Fingevo di essere prima un soldato, poi un lebbroso, poi, ancora, diventavo una capra… scommetto che mi state invidiando!
E non fate finta di non essere curiosi, a fronte del mio aspetto. Per tutti ero il vecchio con la cicatrice sul mento e le dita storte. Se poi fosse vero, questo è tutto da vedersi… Nel 1581, insomma, mi catturarono. Allora mi trovavo nel distretto di Neumarkt.
Si dice che abbia lasciato in consegna la mia borsa ad un locandiere, nell’intenzione di andare a fare un bagno. Beh… quando l’uomo aprì la borsa… potrete senza dubbio immaginare lo sgomento. C’erano cuori secchi e mani di feti. Tanto bastò.
Insomma, alla fine confessai. Ero annoiato: 544 omicidi, tra cui 24 donne incinte. Oh, insomma, mi servivano… Il 16 settembre 1581 mi condannarono. Prima di morire, tuttavia, sarei stato torturato per tre giorni. Mi spellarono, per iniziare, versando olio bollente sulle mie ferite. Mi posizionarono sui carboni ardenti. Infine, decisero di legarmi ad un marchingegno di tortura, assai sofisticato. Il supplizio della ruota, noto anche come Ruota di Caterina, spezzava gli arti e schiacciava le vittime.
Eh no, Signori. Non mi uccisero. Dovettero amputarmi gli arti, ulteriormente, per farmi fuori. Eppure, alla luce di tutto questo mi domando: siamo sicuri che fossi Io, solo io, il mostro?
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