Valentino: divo del Cinema Muto
Ai giorni nostri, siamo disposte a strapparci i capelli per Timothée Chalamet; ad acclamare divi ‘neri’ e chiacchierati, come Armie Hammer. Prima ancora, abbiamo perso, letteralmente, la testa per attori del calibro di George Clooney, Antonio Banderas, Brad Pitt… giusto per fare qualche nome e, procedendo ancor più a ritroso, le nostre mamme… e le nonne, hanno lasciato un pezzo di cuore tra le mani di interpreti, altrettanto celebri: Clarke Gable, Rock Hudson, Gregory Pack, James Stewart…
Belli – o meglio sarebbe dire affascinanti – bravi, talentuosi… e quant’altro.
Tuttavia, capostipite della ridda di personaggi cinematografici da capogiro è stato Lui, unico e solo. Incontrastato. Ha dettato legge quanto a comportamenti, più o meno sconvenienti, per i tempi. Ha fatto moda, inevitabilmente. Ha giocato con maestria le carte a disposizione, elevandosi ad icona incontrastata, prima vera Star del Grande Schermo.
RODOLFO… OH RODOLFO
Dicevano che fossi un rubacuori e non che la faccenda mi dispiacesse, anzi. Solo che… so di essere stato assai di più. Di aver rappresentato un’epoca e non sono ancora convinto che tutti se ne siano accorti…
Spaccone? Macché! Onesto, semmai, almeno in questo.
‘Latin Lover’. Eh già, il primo vero amante latino. Il primo ‘consacrato’, per lo meno. Sex Symbol, nel regno in cui tutto si crea ad arte e in cui tutto, parimenti, si sgretola, con altrettanta fragilità.
Eppure, io ho escogitato il modo per rimanere… ma partiamo dal principio.
Sono nato, tanto per cominciare, il 6 maggio 1895. Originario del sud. Avete presente Castellaneta, in Puglia? Il nome, all’anagrafe, è… siete preparati? Rodolfo, Alfonso, Raffaello, Pietro, Filiberto, Guglielmo di Valentina d’Antoguella.
Famiglia povera, come da prassi. Per cui, a soli 18 anni, mi sono ritrovato imbarcato su una nave che, in teoria, avrebbe dovuto trasportarmi dritto verso il futuro e, come tutti o quasi, anche Io sono andato a cercarlo in America. Era il 1913 e mi avventuravo, in direzione del Nuovo Mondo.
Mi ritrovai, ben presto, ad insegnare danza, a Los Angeles e presi pure parte ad alcuni provini cinematografici. Feci qualche apparizione, sulle prime, in A Society Sensation, uno sceneggiato che, allora, andava per la maggiore. Spesso, mi arruolavano nella parte del cattivo. Ricordo ancora la copertina dell’Avventuriero, nel 1918. Fece scandalo. Fu persino censurato.
Dovetti attendere ancora 3 anni, prima di poter diventare qualcuno. L’occasione giunse nel 1921. Interpretavo la parte di Julio Denoyers in I quattro cavalieri dell’Apocalisse ed ecco la svolta. Per meglio promuovermi, fu addirittura aggiunta una scena, da principio non prevista, in cui ballavo il tango. Beh… tanto bastò.
Se poi ce ne fosse stato bisogno, ci pensavo da solo, con le scorribande amorose, a mettermi sulla bocca della gente. Sposato con Jean Acker, attrice a sua volta, divorziammo nel ’24, dopo soli due anni. Eravamo infelici, c’è poco da commentare.
Seconde nozze con Natacha Rambova: Winifred, per me. Era il 1922. Ebbene, figuratevi, arrivarono ad accusarmi di bigamia. Secondo la legge della California, sarebbe dovuto trascorrere più tempo tra il divorzio e questa nuova unione… tant’è!
In fin dei conti, oramai ero lo Sceicco e potevo permettermi … di tutto. E di tutto mi proposero, in quel periodo. Accettai di recitare, accanto ad Alla Nazimova, ne La Signora delle Camelie. Volete ridere? Il film fu definito, nell’ordine… aspettate, come è che dissero? Effimero, bizzarro, frenetico. Un tripudio di Art Deco, sul set. Riguardo alla scenografia, almeno, nessuno poté lamentarsi. Su di me, al contrario…
Composero persino un insolito Rodolph Valentino Blues: “Oh Mister Rodolph Valentino / So di avere il Valentino blues / E quando arrivi sullo schermo / Oh! Sei così romantico, mi riempio di emozioni per quello che vedo“. Irriverenti? Sarcastici? Francamente devoti? Giudicate voi!
Del resto, non crediate che piacessi ‘solo’ alle femmine. Trionfalmente seducente, era l’epiteto ricorrente, tanto che gli uomini presero a copiarmi. Imitavano il modo in cui portavo i capelli, unti di vaselina, all’indietro… In pratica, dettavo moda.
Intanto, recitavo. Il mozzo dell’Albatros, L’età di amare, Sangue e Arena. Al botteghino fu un trionfo, tra le pellicole di maggior incasso del ’22. Era la storia di un ragazzo povero, diventato Matador. Una parafrasi della mia stessa esistenza. Il giovane Rajah, al contrario, suscitò, in molti, i brividi e non solo per i costumi disegnati da mia moglie.
Monsieur Beaucaire non andò certo meglio. La critica lo distrusse. Un dramma storico… assurto a dramma reale. Invece, per paradosso, le cose con Natacha procedevano alla grande.
Il ’25, poi, fu l’anno della rinascita.
Cobra, a seguire L’aquila riscrissero le sorti della la mia carriera e, nel 1926, sequel dell’opera del ’21, arrivò Il figlio dello sceicco. Mi volevano così, evidentemente, Ammaliatore delle folle. Tale fu, per sempre!
In fase di promozione, collassai in Hotel e fui ricoverato in ospedale. Ulcera perforata… fui operato d’urgenza. Nulla da fare. Andò in peritonite.
Il 23 agosto 1926 dissi addio alle scene… e alla mia esistenza terrena. Avevo 31 anni ma, di sicuro, di cose ne avevo combinate.
Il 30 agosto, a Manhattan, parteciparono ai funerali 100.000 persone che, in seguito, sfilarono tra le strade cittadine. Una seconda cerimonia mi fu riservata in California, dall’altra parte della Costa. Accomiatarsi deve essere stato difficile, perché tra i tanti presenti, solo alcuni trattennero le lacrime. Il dolore di tutti era… tangibile.
Io, dal canto mio, ero soddisfatto. Di strada ne avevo percorsa. Magari correndo, ma sentivo che ogni tassello era collocato di dovere. Oramai, rappresentavo una leggenda, indimenticabile”.
Rodolfo Valentino riposa all’Hollywood Forever Cemetery di Hollywood.
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