Quella Roma nascosta che ogni tanto fa capolino…
Gli scavi duravano, oramai, da tre anni. Adesso, l’eccezionale ritrovamento. Così, è riemersa la struttura imperiale che si credeva andata perduta, prerogativa di una Roma che nasconde, nei suoi sotterranei, inimmaginabili segreti.
Siamo nella Capitale, dunque, precisamente nella Corte interna del Palazzo della Rovere, ai confini con il Vaticano.
Ed è proprio qui che è stato rinvenuto il Teatro di Nerone, inedito reperto archeologico, la cui scoperta è stata annunciata di recente, dalla Sovrintendenza cittadina. I reperti appartengono alle diverse epoche e, tra questi, spiccano – appunto – parti delle strutture del Theatrum Neronis, che si dava per smarrito.
“È una scoperta di eccezionale importanza“, rende noto la soprintendente speciale della Città Eterna, Daniela Porro. “Testimonia – difatti – il luogo dove Nerone provava le sue esibizioni poetiche e canore“, conosciuto grazie alle fonti antiche, ma mai ritrovato. “Di grande interesse – prosegue – anche i rinvenimenti medioevali di questa importante area“.
Resti, che riguardano, in particolare, la parte sinistra della cavea ad emiciclo, le sontuose colonne lavorate con marmi pregiati, le decorazioni a stucco con foglia d’oro e alcuni ambienti, utilizzati come depositi di costumi e scenografie. Tutti elementi che, assieme, concorrono ad identificare l’edificio.
La grandezza della costruzione, la bellezza delle decorazioni e dei materiali utilizzati fanno, del resto, pensare a una committenza imperiale, stando anche ai racconti di Plinio, Svetonio e Tacito.
Gli scavi, iniziati nel 2020, hanno portato, non di meno, al rinvenimento degli Horti di Agrippina, luogo in cui Caligola aveva fatto costruire un grande circo per le corse dei cavalli e lo stesso Nerone realizzato quello che potremmo definire ‘il regno del suo sconfinato ego’. Allo stesso modo, sono evidenti le tracce delle attività produttive e di pellegrinaggio dell’età medievale, riferibili alla tomba dell’apostolo Pietro. Frammenti importanti della storia di Roma, ancora tutta da raccontare.
L’indagine, tuttora in corso, ha restituito pezzi altrimenti introvabili, valorizzando ancor di più le competenze di Palazzo della Rovere. Rarissimi esemplari di calici vitrei a colonnetta adoperati come arredi liturgici; brocche in ceramica; ossi di animali, lavorati per la creazione di strumenti musicali e cerniere mobili. Ancora, grani di rosari e insegne e una successione di tracciati stradali più volte rifatti e sistemati, collegati all’approdo sul Tevere a valle di Ponte Sant’Angelo, o Portus Maior.
Dagli strati di abbandono delle strade provengono due insegne da pellegrino (Volto Santo di Lucca e Santa Vergine di Rocamadour) e una fiaschetta sagomata, a forma del gallo di San Pietro.
Si va, insomma, dal periodo dell’età Repubblicana fino al XV secolo, con excursus di riferimento anche al Medioevo.
Si lavora, ora, dunque, alla luce dei fatti, alla realizzazione di un progetto che permetta di valorizzare i nuovi tesori rendendoli, almeno in parte, fruibili. Presto, di certo, si potrà già ammirare l’oggettistica inserita in uno spazio museale all’interno del prestigioso Palazzo.
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