X Factor e l’irreparabile peccato di accontentarsi

X Factor e l’irreparabile peccato di accontentarsi

Lo scorso anno la questione si era presa solamente in ipotesi. Gli ascolti, lontani dalle aspettative di rete e i costi di produzione proibitivi, insieme, suggerivano alla mente di chi sta dietro le quinte l’idea che X Factor potesse chiudere battenti.

Il talent show, invece e nonostante tutto, ha resistito, per presentarsi nuovamente al cospetto dei telespettatori, in veste della sua diciassettesima edizione. Dunque, la fabbrica dei talenti si è rimessa in moto, manifestando tuttavia, al di là dei punti forti, una serie di nei. Si tratta, difatti, di uno spettacolo, che continua a cavalcare un canovaccio oramai usurato e i segni di cedimento, prima impercettibili, divengono di edizione in edizione sempre più evidenti. Testimonianza massima, le interazioni sui Social in progressivo calo e la scarsa attenzione mediatica.

Musica e talento passano, dunque, in secondo piano, per concedere libero sfogo a chi è in cerca di una vetrina. In sintesi, poche – o pochissime – le voci che restano e altrettanto scarsi i nomi su cui puntare, per una carriera di successo. Meteore – come si diceva una volta – destinate ad intrattenere per qualche sera. Nulla di più. E, con gli outsider, si è spenta anche la magia.

Per carità, Dargen D’Amico, Ambra, Fedez continuano a fare il loro e ritorna – a rinforzo – Morgan, portandosi appresso, prima ancora di iniziare, tutta una serie di polemiche che, si sa, fanno comunque comodo. Se ne parla e, quando accade, non è mai un male. Mattatore e capace talent scout, insomma, il nostro fa il suo, ma non basta ad alimentare una rappresentazione che langue, almeno dal punto di vista della qualità dei partecipanti.

Il palco delle Audizioni ha dimostrato questo. Manca un sguizzo. Manca, soprattutto, l’originalità. Poco male, tranne per il fatto che a risentirne è la serata tutta. Il programma, insomma, non decolla e, del resto, al di là dei tecnicismi, la formula stessa risente degli anni che passano.

Non brillano i partecipanti – dicevamo – e hanno perso di smalto anche i giudici, complici e non più in competizione tra loro. Il tutto si traduce in poca verve, raro smalto e latita pure – con tutta probabilità – l’ambizione di cullare seriamente un progetto. Scovare un performer d’eccezione e coltivarne le potenzialità.

E’ venuta meno, in sostanza, la scintilla che, alle prime battute, era riuscita a fare la differenza ed è così che ci siamo imbattuti in un panorama musicale foraggiato da nuove stelle: Giusi Ferreri, Chiara Galiazzo, Noemi… e poi Marco Mengoni, Michele Bravi… non dimenticando di citare i Maneskin, portatori sani di quel che si declama successo.

Morale della favola, le cose accadono, se si vuole. Il che richiede impegno, costanza, dedizione e una volontà, che trascenda dall’accontentarsi. Che vada oltre l’auspicio di far trascorrere agli utenti qualche ora spensierata davanti alla tv. Dimentichi, tuttavia, che basta premere il tasto di un telecomando per cambiare canale; che lo streaming offre alternative infinite e che per creare affezione ci vuole di più. Volendo citare un altro programma, “molto di più“.

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