C’è ancora un domani… e il Cinema ritorna quello di una volta

C’è ancora un domani… e il Cinema ritorna quello di una volta

Convince, emoziona, strappa applausi. Così, Paola Cortellesi al suo debutto cinematografico come regista. Il film, nelle sale a partire dal 26 ottobre è stato appena presentato alla Festa del Cinema di Roma, aprendo le porte di una Kermesse declinata, per buona parte, al femminile.

C’è ancora domani si rivela, in sostanza, esattamente quel che ci si aspettava che fosse. Un tributo, già nelle intenzioni, alle donne di ieri e di oggi; ma è anche qualcos’altro. Rievocando la svolta storica del diritto di voto al ‘sesso debole’ vengono raccontate, in prima persona, le vicende che potrebbero essere – e perciò funziona – quelle che riguardano ciascuna di noi.

E, per meglio permearsi di onnicomprensività, la pellicola viene girata in bianco e nero, sdoganandosi dalla qualità del tempo, per ricollocarsi, invece, in qualunque epoca. Si rende, insomma, discorso universale, rivolto a chi ha desiderio – e piacere – di ascoltarlo.

Una narrazione non autobiografica, dicevamo, ma che, in ogni caso e proprio per tale ragione, appartiene o potrebbe appartenere a tutte.

Siamo nella Roma del dopoguerra. Il momento in cui gli Americani regalano cioccolata e sigarette e, per arrivare a fine mese, la vita tocca inventarsela. Delia, nel contesto, è dunque una mamma dalle infinite risorse, vessata dalla violenza di un marito (Valerio Mastandrea), conservatore e autoritario. Assieme a loro abitano i tre figli e il suocero, ignorante e irrancidito dall’esistenza. La nostra, per sbarcare il lunario, si divincola tra un lavoretto e l’altro, tenendo in piedi ciò che si ostina a considerare famiglia. Di tanto in tanto, sogna ad occhi aperti, ancora ne è capace, per fortuna e, intanto, prammatica come le sue coscritte, fa.

Così, passo dopo passo, si snoda la cronistoria di personaggi, impersonati da un cast ‘in stato di grazia’. A cominciare dalla fruttivendola (Fanelli), al meccanico (Marchioni)… Accostandosi allo schermo, in effetti, pare, per chi ancora lo dovesse ricordare, di avere a che fare con uno di quei sapienti girati di Bolognini & Co. registi, capaci di commuovere e divertire insieme, sorta di formula magica, in cui ci si sente emotivamente compresi e, al tempo stesso, leggeri.

Brava, c’è da dirlo, in tutto questo, in primis la Cortellesi, che mostra una rara padronanza nel tenere le fila di sentimenti contrastanti e lascia che trapeli, nello svelarsi dei fatti, un’altrettanto insolita poesia. C’è umorismo e c’è sentimento. Ci sono senso civico e denuncia. C’è la rievocazione di quei valori di una volta; dimenticati in chissà quale cassetto. E c’è integrità.

Tessuto, tutto insieme, che conduce lo spettatore all’immedesimazione. Di più, alla compassione, intesa come cum pietas tanto caro ai Latini e al senso di appartenenza. Presupposti, questi come il resto, per poter scommettere, anzitempo, che, con tutta probabilità, si tratterà di un successo.

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