Marocca di Casola: quel presidio Slow Food da leccarsi i baffi

Marocca di Casola: quel presidio Slow Food da leccarsi i baffi

Facciamo un gioco. Immaginiamo di effettuare un salto a ritroso e ritrovarci proiettati nella Lunigiana. Siamo presso la valle, ubicata tra il mare di Massa-Carrara e le cime delle Apuane. Immaginiamo, assieme, un territorio fitto di boschi, ma povero di risorse, abitato – forse proprio per tal motivo – dai mezzadri.

Così, la produzione del frumento si limita al fondovalle e, nelle aree montane, la panificazione si fa con la farina di castagne. Abbondanti, del resto e di diverse varietà. Carpanese, Punticosa, Rastellina… si caratterizzano, tutte, per le dimensioni, piccole e leggermente schiacciate da un lato. Adoperiamo, ancora per un po’, la fantasia… la raccolta, in genere, avviene in autunno e, nella ricerca, rimane coinvolta l’intera famiglia, compresi anziani e bambini.

In seguito, dovremo mettere i frutti ad essiccare in piccoli casotti in pietra, a due piani: i metati (o gradili), riscaldati da un lento fuoco, in legna – anch’essa – di castagno.
Al termine dell’operazione, porteremo il raccolto ai numerosi mulini ad acqua della zona, dove una macinazione molto lenta, fatta per evitare di perdere il profumo e la fragranza, produrrà la farina, utile per i pani e la polenta.

Ebbene, tornando a noi, ogni famiglia aveva – a suo tempo – un forno a legna e qui, in genere la domenica, si produceva il pane per la settimana a venire.

E’ attraverso il procedimento appena illustrato che nasce – appunto – la Marocca, il cui nome pare derivi dal termine dialettale marocat, vale a dire scarsamente malleabile, per via della consistenza, piuttosto dura, che il pane in esame aveva in passato.

Grazie alla scarsa percentuale di patate contenuta nell’impasto, tuttavia, vantava il gran pregio di conservarsi a lungo. Buono da mangiare con un semplice filo di olio extravergine, era eccellente, in accompagno a formaggi caprini morbidi e miele. In alternativa, lardo di Colonnata e salumi della tradizione toscana rappresentavano e tuttora rappresentano un altrettanto valido companatico.

E, se si tratta di un prodotto da gustare in tutte le stagioni, il momento d’oro – va detto – è proprio a novembre, merito della disponibilità di farina di nuova produzione.

Ad oggi, la tradizione si lega ad un solo forno, che cuoce la ricetta regolarmente e che aderisce al Presidio.

LA PREPARAZIONE

Si ottiene, impastando farina di castagne setacciata fine con farina di grano e alcune patate lesse schiacciate, alle quali si deve la consistenza spugnosa dei pani.

In seconda battuta vengono aggiunti, nell’ordine, olio extravergine, lievito sciolto nel latte, un pezzetto di pasta madre e acqua. L’impasto, spezzato e modellato in pagnotte rotonde di circa 20 centimetri di diametro, rimane a lievitare per oltre un’ora e, trascorso il tempo, lo si cuoce nel forno a legna, a una temperatura inferiore rispetto alla consueta.

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