– 4 a Sanremo…

– 4 a Sanremo…

Polemiche. Del resto, sono – da sempre – parte integrante del clima che si viene a creare nei giorni dedicati a Sanremo. Dunque, siamo abituati a sentir parlare, nella settimana attinente al Festival e nelle ore che più strettamente lo precedono… di tutto. Ma proprio di tutto.

Nel mirino, per l’occasione, è finito – quindi – lo spot pubblicitario della Pupa, dedicato proprio alla kermesse canora. Motivo del contendere, la trama. In breve, c’è, inquadrato, in primo piano, un altare e, subito a seguire, un uomo e una donna, in procinto di pronunciare il fatidico sì. All’improvviso, una ragazza irrompe in Chiesa e ‘rapisce’ la sposa, portandola via con sé, sotto la pioggia. Prima, insomma, che la Cerimonia si compia, le due fuggono su un autobus, votate verso una nuova vita.

Pochi frame, pubblicati in anteprima dal sito Affari Italiani; uscita prevista per la prossima settimana. Trenta secondi: un lasso di tempo bastevole, perché infuriasse la tempesta.

Questo spot rientra nello schema della normalizzazione a tutti i costi delle relazioni omosessuali”. Primo ad esordire, il senatore della Lega Simone Pillon. “Se a noi adulti lascia indifferenti, è invece un potente strumento di indottrinamento per i ragazzini“. “Sorta di propaganda – stando al politico – sapientemente orchestrata, che ha la finalità di portare avanti quello che è un vero e proprio contagio sociale“.

All’anatema! “Le conseguenze sono quelle che vediamo, con l’aumento della disforia di genere, la confusione di orientamento sessuale nei ragazzini e a farne le spese sono loro”. Poi, ancor più provocatorio: “Se andiamo avanti cosi, dovremo mettere l’avviso: questo spot nuoce gravemente all’orientamento sessuale dei giovani“. Ancora, considera il Senatore Leghista: Sanremo “è diventato un festival lgbtq. Che si continui così, lo trovo veramente stucchevole“.

Punti d vista e ci sta, ognuno può pensarla come crede. Se non fosse, che, a stretto a giro, è subito arrivata la replica, da parte di Natascia Maesi, presidente nazionale Arcigay. “Se Pillon grida allo scandalo di fronte ad uno spot che racconta la fuga di due donne che scelgono di amarsi, sfidando le convenzioni sociali e il destino di un matrimonio eterosessuale, imposto o non desiderato, è perché crede di vivere ancora nel Medioevo, in un mondo che non c’è più. Che gli piaccia o no, le lesbiche esistono e mettono su famiglia»”. Parole caustiche. In sintesi, è guerra. Ciò che “nuoce gravemente alla salute dei giovani non è la normalizzazione dell’omosessualità, che da loro è già stata sdoganata, ma la mancanza di programmi di educazione all’affettività e al consenso, nelle scuole. Sono proprio i giovani a chiederci di essere informati, consapevoli e quindi tutelati dalla violenza che nasce dal pregiudizio. E’ a loro che dobbiamo dare risposte serie e credibili, invece di riproporre la solita la caccia alle streghe“.

Dibattito, a questo punto, aperto, tanto che anche ai pubblicitari, nel tentativo di smorzare i toni, hanno detto la loro. “Non capisco la ragione che possa stimolare una polemica, tanto meno un’incitazione all’omosessualità. Mi occupo di comunicazione da 25 anni e posso dire, con certezza, che questo è uno spot bello, delicato e che comunica un messaggio positivo di libertà. Oltretutto, non vedo nemmeno un bacio o un atteggiamento che possa disturbare sensibilità particolari”. Questo, quanto sostiene, dal canto suo, Marianna Ghirlanda, presidente di IAA International Advertising Association.

Ancora, rincara la dose Andrea Crocioni, direttore di TouchPoint, storica testata di riferimento nel mondo della pubblicità: “Sembra che i nostri politici, non tutti per carità, non generalizziamo, abbiano trovato nuova linfa nel farsi pubblicità, attraverso la pubblicità stessa. Cosa che, evidentemente, funziona, visto l’attivismo di alcuni nell’accaparrarsi i riflettori mediatici, anche su questo versante. Vero che in Italia siamo tutti “allenatori della Nazionale”, però credo che sarebbe meglio se i politici facessero i politici, concentrandosi semmai sui problemi reali della gente, lasciando ai pubblicitari fare i pubblicitari“.

Manca meno di una settimana all’Evento – e lo scriviamo volutamente con la maiuscola – e già si parla. Giusto, sbagliato, lecito o meno. Sanremo è così. Una macchina dello spettacolo che fagocita tutto quel che trova davanti a sé. Bisogna farci i conti e fare le proprie considerazioni adoperando le pinze. Ascoltare i diversi pareri e crearsi un’idea propria. Nutrirsi di critica costruttiva, se possibile. Laddove tale non fosse, sorvolare.

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